Braccio di ferro in corso a Washington per l’attacco alla Russia o il congelamento del conflitto


 

Braccio di ferro a Washington per l’attacco alla Russia o il congelamento del conflitto

La deriva bellicista che stanno manifestando gli Stati Uniti e i loro alleati/vassalli su tutto il fronte occidentale, incluso il Giappone, non ha precedenti nella storia degli ultimi 50 anni e non ha giustificazioni.

Questa ondata di aggressività diretta oggi contro la Russia e che investe anche i paesi che non si adeguano alle direttive di Washington, sembra non avere freni neppure davanti alla prospettiva di un conflitto allargato e nucleare.

A sostegno di questa ondata bellicista troviamo il grande apparato dei media, che sono gestiti finanziariamente e ideologicamente dalle centrali di propaganda collegate con gli anglo-USA e che propugnano una visione del mondo unilaterale che disinforma l’opinione pubblica indicando il nemico da abbattere: la Russia di Putin.

D’altra parte l’Occidente non può vivere senza un nemico e nelle varie fasi storiche delle guerre americane e della NATO, questo nemico è stato di volta in volta individuato, vuoi in Milosevic (guerra contro la ex Jugoslavia), vuoi in Saddam Hussein (aggressione dell’Iraq), vuoi in Gheddafi (aggressione della Libia), vuoi in Bashar al-Assad (aggressione alla Siria) e tanti altri.

L’Impero USA non cerca amici, cooperazione, ma, semplicemente, sottomissione incondizionata e obbedienza. Un mondo in cui una elite ordina e il resto dei governi si registrano come prestanome dell’egemone sempre a disposizione anche quando le azioni dell’egemone cozzano contro i propri interessi. Questo il caso dell’Europa che si adegua senza discutere al blocco energetico contro la Russia a costo di subire la deindustrializzazione e la crisi energetica dei propri paesi.

Le nazioni che osano opporsi a tale politica rientrano nella definizione di nemici e quindi diventano obiettivi su cui lanciare tutte le politiche di massima pressione, incluse le guerre ibride.

Se si esamina quale sia, in sostanza, l’obiettivo strategico dell’odierna guerra istigata dagli Stati Uniti contro la Russia, risulta chiaro che è quello di imporre il controllo USA sull’Eurasia e mantenere l’egemonia del dollaro americano, con un secondo fine di neutralizzare la Russia come concorrente geo politico.

Il punto è che questi due obiettivi non sono raggiungibili e possono portare a uno sbocco diverso da quello programmato.

Sembra chiaro che, nella fase attuale, ci troviamo al punto di svolta, in cui l’Ucraina non può “vincere”. Nella migliore delle ipotesi, l’Ucraina, divenuta una base d’attacco della NATO, può ottenere dei successi organizzando sporadicamente operazioni di sabotaggio, utilizzando gruppi infiltrati all’interno della Russia. Tuttavia, queste azioni sporadiche non cambiano l’equilibrio militare strategico che ora è fortemente inclinato a vantaggio della Russia.

Questa situazione mette l’elite di potere USA di fronte a due opzioni: continuare il sostegno incondizionato all’Ucraina con l’intervento diretto di un gruppo di paesi nel conflitto (la coalizione dei “volenterosi”) o concordare con Mosca un congelamento del conflitto che consentirebbe di riorganizzare le forze dell’Ucraina ormai al collasso ed evitare uno scontro diretto con la Russia.

Questa soluzione potrebbe garantire la sopravvivenza delle strutture finanziarie e militari, sia statunitensi che internazionali, preservando gli ingenti profitti. Tale sopravvivenza sarebbe semplicemente impossibile senza il dominio del mondo militare-finanziario.

Come sosteneva Paul Wolfowitz, sottosegretario alla Difesa degli Stati Uniti, nella sua “dottrina”, per il dominio USA, dopo la guerra fredda, era essenziale “impedire la ricomparsa di un nuovo rivale nell’ex Unione Sovietica o altrove che sarebbe una minaccia per la supremazia americana nel nuovo secolo”.

Questo spiega la logica del conflitto in Ucraina.

L’economia russa non è crollata, come avevano predetto gli strateghi anglo USA. Il sostegno al presidente Putin è alto, intorno all’81%; e la Russia si è consolidata attorno all’obiettivo strategico di neutralizzare la minaccia ucraina, oltre al favorire la creazione di un mondo multipolare. Inoltre, la Russia non è isolata a livello globale ma conta su un sistema di alleanze che si va consolidando.

Questo potrebbe indurre il team di Biden a congelare la guerra e obbligare Zelensky (o chi per lui) a negoziare un accordo, anche se svantaggioso per l’Ucraina. In gioco c’è molto di più dell’Ucraina, vale a dire la sopravvivenza dell’ordine mondiale a guida statunitense da cui sempre più paesi si stanno allontanando.

Tuttavia la fronda dei guerrafondai neocons di Washington è molto forte e potrebbe ricattare Biden obbligandolo ad acconsentire ad un intervento diretto contro la Russia, con tutte le conseguenze che questo porterebbe.

Nessuno oggi è in grado di prevedere quale sarà l’esito di questo braccio di ferro ma, per ogni evenienza, in Russia stanno già predisponendo l’apparato delle armi nucleari fra cui spiccano i missili ipersonici di ultima generazione.

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