Conte al Consiglio europeo: vittoria o sconfitta?
Le dichiarazioni post Riunione del Consiglio europeo del 28 giugno, rilanciano, con toni di assoluto trionfo o di assoluto disfattismo, a seconda da quale fazione provengano, i rinnovati accordi presi dagli Stati membri in tema di immigrazione, ridistribuzione, rimpatrio e, in generale di “governo dei flussi migratori”.
Come per ogni riunione ufficiale, esiste un documento, accessibile a tutti e disponibile anche in lingua italiana, che sintetizza gli accordi preliminari presi. Nel preambolo si ribadisce che il problema delle frontiere è un problema europeo e non dei singoli stati. Si cita l’entrata in vigore della agenda europea del 2015, che prevedeva il rafforzamento delle operazioni Frontex, Triton (sbarchi dei raccolti in mare da effettuarsi esclusivamente in Italia, ndr) e Poseidon e la ripartizione dei migranti tra i paesi dell’Unione. Si enfatizza che, a seguito di questo rafforzamento, i flussi sono calati del 95%, rispetto al picco dell’ottobre 2015, sorvolando di menzionare l’accordo con la Turchia del marzo 2016, dal costo di circa 3 miliardi di Euro/anno, quota parte pagata anche dall’Italia, senza ricavarne alcun beneficio.
Si arriva dunque al paragrafo che ci interessa in prima persona, quello sulla rotta del Mediterraneo centrale. Si prevede un rafforzamento della guardia costiera libica, un sistema non ben definito, in grado di provvedere ad accoglienza più umana, un sistema di rimpatri volontari ed altro, da stabilirsi in loco. “Tutte le navi operanti nel Mediterraneo devono rispettare le leggi applicabili e non interferire con le operazioni della guardia costiera libica”, è forse il punto più interessante.
Altri punti interessanti riguardano la lotta ai trafficanti di uomini, disincentivare le partenze e la creazione di piattaforme di sbarco regionali, dove poter procedere speditamente al riconoscimento o al diniego dello status di rifugiato, il tutto fuori del territorio della UE. Nel territorio UE invece saranno istituiti centri sorvegliati di ricollocazione e reinsediamento su base volontaria dei singoli stati e lasciando invariati gli accordi di Dublino. La parte più interessante, riguarda i “movimenti secondari” dei richiedenti asilo, e cioè la possibilità di espellere il richiedente asilo nel porto di primo approdo.
La capacità interpretativa dei pre accordi presi resta amplissima:”Gli Stati membri dovrebbero adottare tutte le misure legislative e amministrative interne necessarie per contrastare tali movimenti e cooperare strettamente tra di loro a tal fine”. A parte il vedere applicato quanto discusso, sembra che la soluzione europea al fenomeno migratorio, sia quella di usare la Libia, o parte di essa, come “frontiera esterna”, un po’ come è stato fatto con la Turchia. È stata ribadita la validità degli accordi di Dublino. Sono sparite le quote dei ricollocamenti all’interno dei paesi EU e i centri nevralgici di accoglienza, identificazione ed eventuale rimpatrio, punto cardine di una politica seria che voglia davvero fermare le attività dei trafficanti e dei pericolosi viaggi in mare, verrà effettuata su base volontaria.
Due le considerazioni. La prima: non è stata una riunione rivoluzionaria, con tavoli ribaltati ed accordi infranti, ma un piccolissimo passo verso una maggiore efficienza europea sulla questione è stato fatto. La seconda considerazione, personalissima: consiglierei al premier Conte, di approfondire l’arte della “presa-per-i-fondelli”, scienza tipicamente fiorentina, usata ad arte dai cugini francesi e tedeschi, di cui è stato forse inconsapevole vittima durante lo scorso Consiglio europeo.