Dopo 100 giorni di aggressione a Gaza, Israele si trova in un vicolo cieco

Di Luciano Lago

La giunta di governo sionista a Tel Aviv si sente delusa e frustrata per non aver raggiunto alcuno degli obiettivi che si proponeva con la feroce aggressione attuata contro la popolazione palestinese. Questo nonostante il terrificante bilancio di morte e distruzione che le forze israeliane hanno prodotto.

Le ripercussioni di questa guerra  si prevede che porteranno l’entità sionista sull’orlo del collasso, da cui discenderà in un abisso profondo, che non importa quanto tempo durerà ma il processo si è già messo in moto. Niente sarà più come prima.

Pur evitando di entrare nei dettagli del genocidio quotidiano al quale il popolo di Gaza è stato sottoposto , per oltre 100 giorni, come rappresaglia per la grande sconfitta di “Israele” nella battaglia del “ Diluvio di Al-Aqsa ”, questi sono dettagli che sono diventati noti ed esposti,  sono quelli che hanno spinto la comunità internazionale a trascinare “Israele”, che credeva di essere al di sopra di ogni legge o norma internazionale, davanti alla Corte internazionale di giustizia, per processarla per i crimini brutali commessi contro i bambini e le donne a Gaza. Un massacro svelato al mondo che si concretizza nel numero delle vittime che ha superato le 24.000 persone, di cui oltre 10.000 bambini. 

In questo lasso di tempo Netanyahu e il suo governo si è trovato a infrangere tutte le regole del diritto internazionale e della umanità, dando inizio e continuazione ad un massacro sistematico della popolazione inerme di Gaza e mostrando al mondo, nell’epoca dell’esposizione mediatica, il  vero volto criminale suo e dei suoi complici.

Dopo aver raso al suolo più dell’80% di Gaza, le forze di occupazione israeliane non sono riuscite, al momento in cui scriviamo, a liberare un solo prigioniero, né sono riuscite a raggiungere alcuno dei leader di Hamas, dentro Gaza, nemmeno ai livelli più bassi. I combattenti di Hamas, come ammette la stampa americana, continuano a combattere con lo stesso morale alto, infliggendo pesanti perdite alle forze di occupazione che hanno raggiunto migliaia di morti e feriti, e danneggiando più di 1.000 tra carri armati e veicoli blindati.

Tanto che, dopo 100 giorni di aggressione, le forze di occupazione hanno iniziato a ritirarsi da molte zone di Gaza, mentre la frattura tra gli stessi componenti del governo della Guerra ha cominciato a emergere in modo scandaloso: ci sono ministri che minacciano di ritirarsi dal governo e di lasciare annegare Netanyahu da solo, mentre Ronen Bar, capo dell’apparato di sicurezza interna dell’entità israeliana Shin Bet, intende dimettersi dal suo incarico. 

L’entità sionista sta assistendo ad uno sciopero generale convocato per fare pressione su Netanyahu affinché fermi l’aggressione e restituisca i prigionieri, mentre le manifestazioni sono ancora nel loro momento più intenso, denunciando il fallimento di Netanyahu nella gestione della guerra. Le conseguenze di questa, in una piccola parte sono  state annunciate, come il ferimento di oltre 5.000 militari israeliani con disabilità permanenti. D’altra parte, i media americani e israeliani hanno rivelato che anche con Biden i rapporti non sono più buoni per l’ostinazione di Netanyahu nel proseguire nella sua campagna di sterminio. 

Per quanto i due “compari” stiano svolgendo una sorta di “gioco delle parti”, sembra chiaro che Netanyahu viene mandato allo sbaraglio dall’amministrazione Biden per scaricarlo ed farne un capro espiatorio di tutte le accuse che saranno mosse a entrambi per il genocidio commesso a Gaza. A Biden, guerrafondaio da sempre, giunto alla fine corsa ed in stato di semi demenza senile, poco interessa ma gli altri componenti dello staff di Biden, da Blinken a Sullivan, dovranno giustificarsi attribuendo a Netanyahu tutte le iniziative e responsabilità, come se le bombe da quasi una tonnellata, le armi ed il supporto non siano state fornite a Israele direttamente da Washington.

Dopo oltre 100 giorni, si è vista l’incapacità delle forze israliane di neutralizzare i gruppi della resistenza orgnizzati in formazioni di guerriglia, impossibilità di liberare i prigionieri, anzi alcuni (tre ostaggi) li hanno trucidati loro dovendo sparare a chiunque rassomigli a un palestinese, uomo, donna o bambino che sia. Una conferma dell’indole feroce delle truppe sioniste.

Senza contare le centinaia di migliaia di coloni costretti a fuggire dagli insediamenti che circondano  Gaza e nel nord di Israele, dalla parte del Libano, dove Hezbollah spara e colpisce. I coloni non si fidano più di Netanyahu che garantiva loro la sicurezza e scappano all’estero, tornando nei paesi da dove sono partiti, sicuri di potersi stabilire nelle terre occupate e strappate a forza alle famiglie palestinesi.

Dopo oltre 100 giorni in cui l’entità israeliana ha voluto assediare Gaza, affamarla, assetarla e privarla delle medicine, distruggere ospedali, scuole, bombardare campi profughi, per spingere il popolo di Gaza, supporto della resistenza, ad alzare bandiera bianca.  Non c’è stata alcuna resa: Gaza distrutta ma resiste.

Subito dopo  l’entità israeliana è stata assediata su più fronti, dal sud del Libano ,dall’ Iraq, Siria e Yemen, fino a bloccare le sue navi e tutte le navi che vi avevano a che fare. Il traffico commerciale nel Mar Rosso  bloccato per Israele, fatto che ha esposto la sua economia a un duro colpo che potrebbe minacciare la coesione del suo fronte interno. Questo ha spinto Netanyahu e la sua cricca a chiedere l’aiuto del suo sponsor americano che ha dovuto esporsi ed essere coinvolto nell’aggressione contro lo Yemen, per alleviare il suo protetto “Israele”, rischiando di innescare una guerra regionale, che metterebbe in pericolo i suoi interessi e quelli del suo ignobile vassallo , la Gran Bretagna.

Sono bastati 100 giorni per rivelare il volto ipocrita e brutto dell’America, della Germania, della Francia e dell’Occidente, gli stessi che si arrogano a difensori dei  diritti umani, mentre fanno pressione affinché “Israele” continui a uccidere bambini e donne a Gaza e vengano fornite a Israele tutte le armi di cui ha bisogno per commettere i suoi crimini. Un atteggiamento cinico e ipocrita che ha disgustato e indignato le stesse opinioni pubbliche che si sono riversate in massa, soprattutto giovani, nelle piazze di Londra, Parigi e New York e di tutto il mondo, per la prima volta, a inscenare centinaia di manifestazioni per denunciare i crimini di “Israele” e la complicità dei  governi occidentali e per sostenere la Palestina. 

Sono bastati 100 giorni per riportare la questione palestinese alla ribalta non nella regione ma nel mondo intero, dopo che la grande cospirazione per cancellarla e rimuoverla dalla memoria dei popoli era stata sventata, ed è bastato rivelare il fatto che esiste un popolo la cui terra è stata usurpata e la sua gente sfollata, e che dobbiamo stare al suo fianco per riconquistare i suoi diritti. Uno scotto senza pari per il sionismo ed i suoi sostenitori.

Questo è quello che ha sconvolto la narrativa sionista occidentale, sull’esistenza di una terra senza popolo e di un popolo senza terra, una menzogna finita nella pattumiera della storia. 

Ancora più importante, nonostante le grandi tragedie per il sofferente popolo di Gaza, tutto questo ha  rivelato che la Palestina non è sola, e che dietro di essa c’è un asse di resistenza in tutta la geografia della regione, e che questo  ha unito le forze in un’unica arena che rifiuta l’ingiustizia, l’occupazione e l’egemonia americano-israeliana.

Israele, l’usurpazione e il colonialismo di questo stato sono contestati in tutto il mondo e questo è il primo segno del suo prossimo tracollo.

 
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