Gli atlantisti in crisi ma ostinati a contenere Cina e Russia per ripristinare la loro egemonia
Dobbiamo constatare il basso livello della classe dirigente europea, oggettivamente obsoleta e priva di autorità morale e politica, subordinata alle centrali finanziarie e sempre più arretrata in ambito tecnico-militare.
Il vertice della Nato, nel giugno 2021, è arrivato alle considerazioni finali per cui la Russia è una “minaccia acuta” e la Cina una “sfida sistemica” per il progetto del Mondo Globale Unipolare.
È evidente nei fatti che la Cina è una potenza mondiale in ascesa con una sua strategia e con un progetto vincente di sviluppo economico che contende il primato economico agli USA. Questo paese rappresenta una “alternativa” per il Sud del mondo e molti paesi sono saliti sulla “Belton Road” come un modo per sottrarsi alla dipendenza finanziaria dagli organismi occidentali. L’adesione di un numero considerevole di questi paesi (140 al momento) al progetto cinese implica un contraccolpo all’infinita “sottomissione neocoloniale” di sfruttamento che ha rappresentato, per il Sud del mondo, il Debito Esterno. Questo strumento di colonizzazione finanziaria ha determinato il rapporto di subordinazione delle nazioni alle centrali globali, come il FMI e la Banca Mondiale.
Sottomissione e sfruttamento delle risorse è il modo per definire il Debito Esterno, il finanziamento in cambio della subordinazione. I paesi sottoposti sono condannati a pagare eternamente consegnando ricchezze, cedendo sovranità e rinunciando ad avere una politica propria.
Il Debito Esterno come “meccanismo” non implica solo la restituzione del prestito, più gli interessi a tassi che condannano a rimanere nella condizione di debitore; infatti le spese del denaro preso in prestito erano anch’esse subordinate ad un piano di investimenti “concordato”. Cosa che il più delle volte significava dover subire l’ingresso nel paese delle multinazionali collegate agli istituti finanziari per prendersi il mercato a scapito delle imprese locali.
L’ingresso della Cina nei paesi in via di sviluppo, come in Africa e in America Latina, rischia di guastare il gioco di dominio delle potenze anglo USA. Questo è considerato intollerabile da Washington e da Londra.
L’espansione della Cina comporta una sfida e di conseguenza ecco la chiamata alle armi della NATO in una mobilitazione militare, economica e politica per “contenere” strategicamente Russia e Cina, quali potenze concorrenti. Il tutto con la retorica, vuota ed ipocrita, sui “diritti umani”, come sanno i numerosi paesi che hanno subito gli interventi delle “guerre umanitarie” fatte da Washington.
Ed è esattamente per questo motivo che la NATO ha trasferito la sua attenzione in tutta l’Eurasia e ha addirittura rafforzato la sua presenza nei confronti di Australia, Giappone e Corea del Sud.
Un intero arco di forze che ha l’obiettivo di sostenere gli interessi di Washington e il fattore Taiwan, con una possibile rivendicazione dell’indipendenza dalla Cina, una posizione che romperebbe tutti gli accordi presi con il governo nazionale di Pechino – che si esprimeva nello slogan “One China”.
Un motto che corrispondeva agli interessi delle multinazionali mondialiste nel momento in cui Pechino accettò la subordinazione al progetto Globalista.
Diverso è il caso della Russia che ha mandato a monte i piani del progetto di USA e Israele per il Medio Oriente.
La Russia si conferma come la principale minaccia, secondo il “portavoce” della NATO Jens Stoltenberg, il quale sostiene che la NATO non si limiterà a “contenere” la Russia: la NATO prevede di circondare la Russia con una cintura di paesi ostili con basi NATO puntate contro Mosca.
A questo servono l’incremento di spesa militare previsto per i paesi della NATO e le continue provocazioni ai confini della Russia.
L’ostacolo principale che gli Stati Uniti devono affrontare è di tipo mentale, derivato dalla loro posizione effettiva sulla scacchiera. Dal 2001, i globalisti sono convinti che la crisi e l’instabilità delle nazioni li favoriscano. Ecco perché utilizzano jihadisti mercenari in tutto il mondo.
Una strategia che rischia di rivoltarsi contro di loro.