Guerra all’Iran, il nuovo obiettivo della triade Washington-Tel Aviv-Rijad

 

Guerra all’Iran, il nuovo obiettivo della triade Washington – Tel Aviv – Ryad

Lo scambio di minacce,  avvenuto negli ultimi giorni tra  i due presidenti, Donald Trump e Hassan Rouhani, leader supremo dell’Iran, ha fatto salire al massimo la tensione fra Washington e Teheran.

E’ la prova dei preparativi del piano di aggressione contro l’Iran elaborato da Washington e da Tel Aviv,  mentre sull’Iran  incombono le sanzioni tese a bloccare l’export petrolifero : un vero e proprio atto di guerra.

Alle esplicite minacce di Washington hanno replicato le massime autorità militari iraniane, manifestando l’intenzione di chiudere lo  Stretto di Hormuz al passaggio delle petroliere.  Kioumars Heydari, comandante delle truppe di terra, ha dichiarato che lo stretto di Hormuz “deve essere o sicuro per tutti o insicuro per chiunque”.

La chiusura dello stretto sarebbe una mossa che strangolerebbe le esportazioni energetiche della regione ma innescherebbe sicuramente una dura reazione militare degli Stati Uniti.

Fonti militari avevano di recente  informato di un forte aumento delle attività militari USA in Siria, in Iraq e nello Yemen, con arrivo di nuovi contingenti di forze speciali, in particolare in Siria dove le forze USA  avevano già da tempo aperto una nuova base militare nella provincia di Deir Ezzor per presidiare il confine fra Iraq e Siria e addestrare i miliziani delle SDF, molti dei quali ex ISIS,  in vista di una prossima offensiva.

Le stesse fonti segnalano l’aumento delle truppe statunitensi in Iraq, cui si è aggiunto un folto gruppo di mercenari della Black Water. Inoltre si è saputo che le forze speciali dell’esercito americano si trovano nello Yemen e stanno segretamente aiutando l’esercito saudita, impantanato in quella guerra.

Sono tutti segnali della preparazione degli attacchi diretti a neutralizzare le forze e le basi iraniane in Siria per poi estendersi con un attacco aeronavale contro l’Iran teso ad annientare il potenziale militare iraniano.

Il gabinetto di guerra di Trump è costituito da super falchi decisi ad agire approfittando dell’avvenuta apparente fase di distensione con il problema della Corea del Nord.

E’ arrivato il momento di pensare cosa significherebbe una guerra contro l’Iran: la previsione degli analisti militari è che non sarà una passeggiata ma al contrario scatenerebbe un disastro di proporzioni immani e dagli effetti incalcolabili.

L’Iran è uno stato molto ben armato, dotato di una struttura moderna e deciso a difendere il proprio territorio sovrano con forze armate professioniste che hanno la volontà, se non necessariamente i mezzi, per contrastare i principali sistemi di armi statunitensi. L’Iran conta oltre 80 milioni di abitanti con forte composizione di giovani e ha forti legami culturali e religiosi con paesi come l’Iraq, la Siria e il Libano.

L’Iran ha acquisito un grande assortimento di armi moderne dalla Russia e possiede una propria industria di armi. A sua volta, ha rifornito il regime di Assad con armi moderne ed è sospettato di aver rifornito di una impressionante serie di missili e di altre armi anche Hezbollah in Libano.

Inevitabile sarebbe il coinvolgimento di Israele e dell’Arabia Saudita che sono esattamente gli Stati che premono su Washington per indurlo ad agire contro l’Iran. Il campo di battaglia di questo conflitto di estenderebbe dalle rive del Mediterraneo, dove il Libano confina con Israele, fino allo stretto di Hormuz, dove il Golfo Persico si svuota nell’Oceano Indiano. I partecipanti potrebbero essere, da una parte, l’Iran, la Siria, Hezbollah in Libano e varie milizie sciite in Iraq e Yemen; e, dall’altra parte, Israele, Arabia Saudita, Stati Uniti con l’aggiunta degli Emirati Arabi Uniti (EAU). Se i combattimenti in Siria dovessero sfuggire di mano, anche le forze russe potrebbero essere coinvolte.

Gli effetti di un conflitto così esteso sarebbero incalcolabili per numero di vittime, distruzioni e destabilizzazione di una area vasta, ad iniziare dal blocco della navigazione nello stretto di Hormutz con la conseguente paralisi del traffico delle petroliere e moltiplicazione del prezzo del petrolio. Inoltre un nuovo enorme flusso di rifugiati investirebbe l’Europa. Gli effetti potrebbero essere talmente disastrosi da sconvolgere anche l’Arabia Saudita, gli Emirati ed il Qatar, mettendo a rischio la stabilità di quei regimi.

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