Il fallimento del modello americano e le sue conseguenze
Se consideriamo i segnali di cambiamento che si sono verificati nel corso dell’anno appena trascorso e li analizziamo nell’arco di un periodo che va dall’11 settembre 2001 fino ai giorni nostri, è inevitabile pensare che si sia accelerato in questi ultimi anni il processo di decadenza dell’egemonia unilaterale degli Stati Uniti e che lo scenario mondiale sia divenuto multilaterale con l’emergere di nuove potenze mondiali.
Questo processo di decadenza è segnato in particolare dal fallimento delle guerre americane inaugurate dal duo Bush, Dick Cheney che ha portato al disastro della guerra in Iraq, all’invasione dell’Afghanistan, ai successivi disastri in Libia, in Somalia e in Siria con interventi militari diretti o indiretti di Washington per effettuare cambi di regime o destabilizzazione di quei paesi nel contesto di una strategia del caos teorizzata dagli strateghi della Casa Bianca quali Zbigniew Brzezinski e Paul Wolfowitz.
Tuttavia, il decadimento degli Stati Uniti non è soltanto determinato dalla politica estera ma anche da un notevole dissesto socioeconomico.
Gli USA sono di fatto un paese super indebitato che vive al di sopra delle sue possibilità, con una economia che si regge sulla stampa di migliaia di miliardi di dollari. Il rischio sta nell’evenienza che gli stessi Stati Uniti finiscano divorati dai loro debiti e questo accadrà quando altri paesi inizieranno a rifiutare i dollari come moneta fiduciaria (cosa che si sta già verificando). Potrebbe essere quello il momento della svolta e non sarebbe di grande meraviglia che la dirigenza USA voglia provocare un grande conflitto per mascherare questa crisi. Questo spiega la sempre maggiore aggressività dei responsabili politici di Washington verso la Russia e verso la Cina.
Non sono pochi gli analisti che prevedono una prossima caduta dell’Impero americano.
Di sicuro si è manifestata negli ultimi anni una crisi interna, dovuta ad una politica economica che ha favorito i grandi conglomerati finanziari collegati con mega corporations, determinando le delocalizzazioni, l’affossamento della classe media e l’emergere di una grande massa di poveri.
Tale dissesto socioeconomico aveva portato, nel novembre del 2016, all’inaspettata elezione di Donald Trump alla Casa Bianca. Tutte le analisi dei sociologi hanno rilevato che nella società americana sono presenti livelli di insoddisfazione e di emarginazione che hanno determinato una notevole divaricazione dell’America profonda rispetto all’establishment dominante e che potrebbero portare a scontri sociali e una possibile guerra civile.
Alcuni analisti statunitensi si sono sforzati di individuare le cause di questo dissesto. Ad esempio, il premio Pulitzer Chis Hedges nelle sue ultime opere, ha scritto che l’enorme crescita delle disuguaglianze nella società USA ha portato a livelli enormi la differenza tra la classe ricca, collegata alle oligarchie economiche dominanti, e la povertà delle periferie urbane violente.
Le cause, secondo l’autore, non sono soltanto quelle abituali della disuguaglianza crescente del sistema capitalista ma anche alcuni fattori quali la deindustrializzazione di molte ex aree industriali, la diffusione della droga e del “sadismo” e l’odio derivante dal crescente razzismo.
Questi fattori, a nostro avviso, si possono ricondurre alla perdita del senso etico della nazione e alla diffusione delle ideologie relativiste.
L’apparente forma democratica negli USA viene soppiantata dal fortissimo potere derivante dalle grandi corporations multinazionali. Non è un caso che ci siano autori come Robert Kaplan i quali notano che “il sistema politico americano si avvia sempre di più verso il ritorno ad una oligarchia di tipo semi-feudale dominato da una elite finanziaria”. Nonostante le elezioni del Presidente e dei membri del Congresso, ” il significato di queste elezioni sarà sempre meno importante nella sostanza”.
In sostanza gli States hanno da tempo cessato di essere un modello di successo (il sogno americano) per gli altri paesi ma sono al contrario un non modello da seguire per le nazioni emergenti.
Nella sua fase di declino, l’americanismo ritorna ad essere quello che era fin dalle sue origini, come ben aveva descritto il grande filosofo Julius Evola:
«L’America ha introdotto definitivamente la religione della pratica e del rendimento, ha posto l’interesse al guadagno, alla grande produzione industriale, alla realizzazione meccanica, visibile, quantitativa, al di sopra di ogni altro interesse. Essa ha dato luogo ad una grandiosità senz’anima di natura puramente tecnico-collettiva, priva di ogni sfondo di trascendenza e di ogni luce di interiorità e di vera spiritualità; anch’essa ha opposto alla concezione, in cui l’uomo è considerato come qualità e personalità in un sistema organico, quella, in cui egli diviene un mero strumento di produzione e di rendimento materiale in un conglomerato sociale conformista».
Parole di Evola che rimangono scolpite nel tempo.