Il “fine corsa” della leadership americana

 

Il “fine corsa” della leadership americana

Già da vario tempo e da molti segnali era percepibile il processo di declino dell’influenza degli Stati Uniti sul mondo.

Il vecchio sogno del “Nuovo Secolo Americano”, che doveva farci assistere ad un’egemonia unipolare USA, sembra svanire con il nuovo assetto multipolare del mondo, caratterizzato dall’insorgenza di nuove potenze economiche e militari, dalla Cina, alla Russia, all’India.

D’altra parte il modo con cui l’America ha intrapreso le sue azioni devastanti e le sue guerre di destabilizzazione dall’Iraq all’Afghanistan, alla Libia, Somalia, Siria, ecc., non ha lasciato molto spazio all’immaginazione e le autorità politiche di queste nazioni hanno compreso che l’America non è un paese “amichevole” ma è una superpotenza che ha pretese di dominio, di neocolonizzazione economica.

Questa erosione della leadership statunitense, accelerata dall’amministrazione Trump, con la sua avversione al rispetto dei trattati multilaterali, ha portato anche i più stretti alleati di Washington, la Germania in particolare, a iniziare a prendere le distanze in modo netto, come nel discorso fatto dall’ex ministro degli esteri tedesco, Sigmar Gabriel, il quale aveva dichiarato che “i cambiamenti che si manifestano nel nostro mondo occidentale e, di fatto in tutto il mondo, derivano dall’attuale ritirata statunitense sotto Trump e del suo ruolo come garante poco affidabile del multi-lateralismo dell’influenza occidentale”.

Questo cambiamento, aveva segnalato Gabriel, “sta accelerando la trasformazione globale ed i rischi di guerre commerciali, corsa agli armamenti e conflitti armati, si va incrementando”. Parole profetiche pronunciate già solo lo scorso anno ma che hanno individuato il processo in corso divenuto ancora più evidente con l’ultima riunione del G-7 ed il suo fallimento.

Dalla fine della seconda Guerra Mondiale, l’Unione Europea, era sempre andata al traino degli USA sorvolando sui contrasti che già da molto tempo si manifestavano. Tuttavia l’attuale Amministrazione percepisce l’Europa come uno dei suoi principali antagonisti economici.

Questo spinge le personalità più intelligenti ed autonome dei paesi europei a concepire un percorso autonomo in difesa dei propri interessi che divergono in modo netto da quelli di Washington. Il fallimento del vertice del G 7 in Canada ha segnato plasticamente l’immagine di una leadership americana giunta ormai alla fine.

E’ accaduto che, mentre i leader dell’occidente atlantista si riunivano e litigavano al G7 del Canada, le potenze emergenti, Cina e Russia, India hanno tenuto un altro vertice a Qingdao, città costiera cinese.

Un vertice durato due giorni a cui hanno partecipato i capi degli Stati membri dell’orbita russo-cinese che hanno proposto progetti di crescente integrazione per la nuova Via della Seta (One Belt One Road). All’incontro era presente anche il presidente iraniano Hassan Rohani che, aspetta di essere ammesso al gruppo di paesi aderenti. Fra l’altro i vari paesi si sono accordati per commercializzare in monete alternative al dollaro. Un campanello dall’allarme non indifferente per la supremazia del dollaro.

Il colossale progetto della Via della Seta rappresenta una grossa occasione per l’Europa che viene contrastata dalle centrali atlantiste. Un contrasto di interessi segnato anche dalle sanzioni decretate da Washington contro i progetti di gasdotto russo, Nord Stream 2.

Gli atteggiamenti fortemente critici da parte di Trump contro gli alleati europei hanno una loro spiegazione: la volontà dell’Amministrazione Trump di disarticolare la UE e dividere i paesi europei sulla base delle loro rivalità economiche e dell’astio contro le politiche suprematiste della Germania.

Potrebbe essere un’estensione della politica del caos applicata con successo in Medio Oriente ed in Nord Africa per balcanizzare l’Europa. Non mancano le situazioni su cui fare leva: dall’Ucraina alla Catalogna, alla Scozia, ecc. La paura di una saldatura tra Germania e Russia sospinge i neocon di Washington ad incrementare sempre di più l’ostilità verso Mosca e le divisioni con Berlino.

Quando un Impero si trova in fase discendente aumentano le tentazioni di ricorrere alle guerre esterne per tentare di invertire la tendenza e distrarre la propria opinione pubblica, appellandosi a pericoli per la propria sicurezza.

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