Il sogno che non c’era

 

Il sogno che non c’era

La Svezia e il fallimento della società multietnica (prima parte)

Il 20 dicembre 2017 centinaia di donne sono scese nelle strade di Malmo per protestare contro la crescente ondata di stupri e violenze che sta investendo quella che fino a poco tempo fa era considerata la terra promessa della parità di genere. L’ultimo episodio ha interessato una diciassettenne, stuprata e seviziata da una gang di immigrati in un parco giochi del centro della città: è stato il terzo caso in un mese. Se da una parte il governo svedese tende a minimizzare, la polizia di Malmo, attraverso il suo portavoce, Anders Nilsson, avrebbe esortato le donne a “ non  avventurarsi da sole in città dopo il tramonto”, parole che non hanno fatto altro che acuire il malcontento femminile e scatenare le rivolte. Verità o percezione? Esiste effettivamente un’emergenza stupri in Svezia? E se sì, è plausibile una correlazione con i flussi migratori degli ultimi anni? Fonti governative sostengono che il numero delle violenze sessuali debba essere ridimensionato alla luce della definizione stessa che la legge svedese dà dello stupro: “La definizione di stupro si è ampliata nel tempo, il che rende difficile il confronto delle cifre (…) per esempio: se una donna svedese denuncia di essere stata violentata dal marito ogni notte per un anno, ciò è considerato come se si trattassero di 365 violenze separate; in molti altri paesi questa potrebbe essere considerata come un unico caso di violenza o non essere considerata affatto tale”. Questa dichiarazione potrebbe giustificare le cifre quasi grottesche riportate nel 2015 dalla giornalista Ingrid Carlqvist, che avrebbe definito la Svezia “la capitale occidentale degli stupri”, seconda soltanto allo stato del Lesotho, nell’Africa del sud. Ma approfondiamo più attentamente ciò che scrive la Carqvist: secondo i dati pubblicati dallo Swedish National Council for Crime Prevention, agenzia che opera sotto la vigilanza del ministero della giustizia, durante il 2011 sarebbero state violentate 29.000 donne svedesi. Nello stesso rapporto si legge che nel 58% dei casi le vittime non conoscevano affatto gli stupratori, smentendo il vecchio adagio femminista che vuole che sia la famiglia il luogo più pericoloso per una donna. Ma c’è di più: contrariamente a quanto detto dal governo, ovvero che le donne svedesi tendono a denunciare maggiormente i crimini a sfondo sessuale, sarebbero solo 6509 gli stupri effettivamente denunciati alla polizia. Alla luce di questi dati, come interpretare le parole del governo svedese? E’ possibile che aver riformato e ampliato la definizione di violenza di genere abbia in qualche modo diluito l’unico dato realmente importante, ovvero l’aumento dei casi di stupro? Laddove per stupro non si intende né la violenza domestica né avances non gradite, ma il subire un rapporto sessuale contro la propria volontà. Con buona pace delle pasionarie del #metoo.

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