Il vero obiettivo: rimodellare l’ordine internazionale
Dopo un anno di conflitto in Ucraina si nota che le conseguenze di questo vanno molto al di là delle parti in guerra: Russia e Ucraina con la NATO coinvolta sempre più direttamente. Questo si ricava dal fatto che non esiste un paese che non abbia risentito delle ripercussioni di quella guerra e quanto meno dei suoi effetti economici.
Si potrebbe affermare che il denominatore comune più importante tra le parti in questo conflitto sia l’errore di calcolo, questo perchè sembra chiaro che ci sia stata una sottovalutazione degli sviluppi da entrambe le parti.
I russi la consideravano una “operazione speciale” limitata che si sarebbe conclusa con l’attuazione rapida degli obiettivi affidatigli, primo fra questi rompere l’accerchiamento della NATO e tutelare le popolazioni russofone del Donbass, sottoposte a otto anni di guerra e di massacri da parte dei banderisti di Kiev. Per ottenere questo, Mosca aveva scommesso sull’incapacità dei paesi occidentali di fronteggiare l’apparato militare di Mosca e di evitare un coinvolgimento diretto, anche per non compromettere la dipendenza dal petrolio e gas russi.
Da parte loro gli USA e i Paesi occidentali avevano scommesso sull’incapacità di Mosca di sfidare le sanzioni occidentali, soprattutto sul piano economico, visto che hanno imposto a Mosca le sanzioni più forti della storia.
Tuttavia la realtà sul campo ha imposto uno sviluppo diverso: la Russia, dopo un iniziale insuccesso, ha dovuto cambiare tattica e procedere ad una sistema di offensiva lenta e massiccia per prendere il controllo delle zone contese: il Donbass e le province limitrofe, Zaporizhzhia, Kherson, oltre a Donetsk e Lugansk e con esse l’accesso al Mar di Azov.
L’effetto delle sanzioni occidentali è stato retto bene ed anzi ha favorito un cambio di paradigma nell’economia russa che si è riorientata verso Est ed ha trovato nuovi mercati in sostituzione di quelli europei, quali Cina e India ed i paesi del gruppo Brics.
Rimane il fatto che il conflitto in Ucraina ha determinato una nuova formazione di blocchi politici e militari dove, se da una parte gli Stati Uniti hanno imposto o convinto (con pressioni e ricatti) gli alleati ad uniformarsi ad una coalizione anti russa, diretta militarmente dalla NATO e politicamente da Washington, dall’altra parte si è formata una coalizione di paesi che si sono sottratti alle sanzioni occidentali e hanno continuato nella cooperazione con la Russia, sia a livello economico che militare, con varie sfumature..
Questo effetto è stato sottovalutato da Washington che pensava e sperava di chiudere la Russia in una sorta di isolamento internazionale.
Al contrario la maggioranza dei paesi, nei vari continenti, si è dissociata dalle sanzioni e l’isolamento è piuttosto quello dei paesi occidentali che non trovano più rispondenza nelle loro politiche nel sud del mondo che rifiuta l’egemonia unipolare e il neocolonialismo dell’occidente a guida USA.
In altri termini l’elite di potere di Washington, ossessionata dalla volontà di riprendere il controllo egemonico del mondo, non è riuscita a mettere alle strette la Russia e si trova scoperta nel suo piano di fronte al resto del mondo che mal sopporta i diktat e le pressioni degli Stati Uniti per allinearsi alla crociata antirussa dell’establishment occidentale.
La proclamazione continua, da parte dell’Amministrazione Biden, dell'”ordine internazionale basato sulle regole”, quale mantra della propaganda di Washington, si è rivelata ormai una coperta retorica che vuole occultare la volontà egemonica statunitense di sottoporre il mondo al proprio controllo.
Questo lo hanno ormai compreso in tanti, in Asia cme in Africa ed in America Latina, in tutti quei paesi che vogliono oggi emanciparsi dalla dominazione occidentale e cercano affiliazione nei nuovi blocchi di alleanze capitanate da Russia e Cina, dai BRICS all’accordo di Shangai.
Si è messo in moto un processo che la potenza egemone americana ed i suoi vassalli europei non possono più fermare e tale processo è stato accelerato senza alcun dubbio dal conflitto in Ucraina, quale spartiacque fra un ordine internazionale dominato dai globalisti ed un nuovo assetto multipolare del mondo.
Le elite dominanti non lo avevano previsto ma sta verificandosi e porterà ad un ribaltamento degli equilibri internazionali .
Dall’altra parte del continente Euroasiatico c’è la Cina che fino ad oggi, di fronte al conflitto, ha mantenuto una posizone attendista, in funzione dei propri interessi. Tuttavia non ha mancato di sottolineare la propria partnership con la Russia e “l’alleanza incrollabile”, come affermato dallo stesso premier Xi Jinping.
Pertanto, questa guerra ha costituito una lezione attuale per Pechino, che le ha permesso di monitorare ciò che sta accadendo e ha aumentato la possibilità di calcoli accurati di profitti e perdite. È ormai chiaro che il costo della guerra è esorbitante e che nessun Paese ha la capacità di sostenerlo senza avere su di esso ripercussioni negative. Questo ha rafforzato la tendenza cinese ad attuare la strategia di “soggiogare il nemico senza combattere”. Ovvero l’importanza della pianificazione a lungo termine per sottomettere il nemico, secondo il proverbio cinese: “Sconfiggi il tuo nemico prima che sappia che è in guerra con te”.
D’altra parte la Cina è ben consapevole che Washington la considera il prossimo nemico da affrontare. La strategia di sicurezza nazionale degli Stati Uniti, formulata dall’amministrazione Biden e annunciata il 12 ottobre 2022, ha stabilito che la Cina rappresenta una vera minaccia per gli Stati Uniti d’America.
La guerra ucraina non è stata solo una guerra tra Russia e Ucraina, ma piuttosto una lotta tra due assi: un asse che cerca di preservare la propria sopravvivenza ed egemonia sulla politica internazionale come un unico polo (USA e NATO), e un asse che cerca di cambiare la forma del sistema internazionale esistente (Russia e Cina).
In conclusione, è passato un anno dalla guerra in Ucraina e le cose si stanno avviando verso un’escalation, poiché l’Occidente continua ad armare l’Ucraina e la Russia non ha altra scelta che andare avanti nella difesa della propria sicurezza nazionale. Questa per la Russia si sta trasformando da una “operazione speciale limitata” in una nuova “guerra patriottica”, con tutte le conseguenze che ne deriveranno.
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