Secondo uno studio commissionato da un istituto israeliano di Ricerca e Sicurezza, il prossimo conflitto, in cui sarà coinvolta Israele, si svolgerà contro l’asse dell’“Iran e suoi alleati” in considerazione “dell’emergere della comunicazione via terra da Teheran a Beirut, che include la costruzione di varie capacità per attaccare Israele con un’ampia gamma di missili, lanciamissili e droni d’attacco”.
Gli autori dello studio hanno anche concluso che “la prossima guerra sarà multi-arena: Libano, Siria, Iraq occidentale, con la possibilità che Hamas e la resistenza palestinese si uniscano dalla Striscia di Gaza”. Non si nasconde che un conflitto di questo genere potrà colpire punti vitali all’interno dello stato ebraico.
È necessario capire quale sia la principale preoccupazione della governance israeliana per comprendere la strategia dello Stato sionista che è strettamente collegata con gli Stati Uniti.
Indubbiamente mai Israele negli ultimi 45 anni si era trovata in una situazione di pericolo con potenziali nemici coalizzati su vari fronti. Non poteva essere diversamente, visto che il fuoco delle ostilità è sempre stato attizzato dai governanti israeliani, con il Libano, la Siria, o con la Palestina e Gaza, oltre all’odiato Iran. Il fallimento della guerra in Siria ha aggravato il problema.
Il pericolo esiste e non può essere sottovalutato, nonostante che ci siano gli Stati Uniti d’America a fare da scudo a Israele, quale che sia il presidente e l’Amministrazione al potere a Washington.
Così non è un caso che tutti i presidenti americani, sia repubblicani che democratici, da più di quarant’anni sono ostili alla Repubblica islamica dell’Iran. Hanno provato di tutto per distruggere questo paese: lo hanno messo sotto assedio economicamente e, a suo tempo, imposero una guerra che durò 8 anni con l’Iraq. Il motivo di questa rabbiosa ostilità è da ricercare nella difesa che l’Iran ha sempre fatto della causa palestinese, così come nel rifiuto di sottomettersi all’egemonia di USA e di Israele nella regione, oltre al fatto di avere coordinato i movimenti di resistenza, aiutando la Siria, gli Hezbollah, le milizie sciite in Iraq e la resistenza palestinese e yemenita.
L’intuizione del generale Soleimani di creare una di stretta cooperazione fra queste forze, ha realizzato l’asse della resistenza che oggi rappresenta una spina nel fianco di Israeliani e americani. Per questo motivo gli strateghi di Washington, nel gennaio di quest’anno hanno assassinato il generale Soleimani.
In realtà non hanno ottenuto niente, il comando è passato ad un altro ufficiale iraniano e le milizie della resistenza in Iraq hanno mobilitato il paese per richiedere il ritiro delle forze USA. Soleimani è divenuto l’eroe caduto combattendo ed infiamma come mito le forze della resistenza.
Per questo motivo oggi gli USA e Israele puntano sull’Iran; gli strateghi di Washigton e Tel Aviv pensano che sia necessario colpire la testa per ottenere la neutralizzazione dell’intero asse. Il calcolo però è sbagliato per due motivi:
1) L’Iran è avanzato in tecnologia e si è dotato di un sistema missilistico di primo livello, con capacità di colpire qualsiasi punto della Regione (incluso Israele), le basi USA e qualsiasi nave nel Golfo Persico;
2) L’odio contro gli americani e i sionisti si è ormai diffuso in tutti i paesi arabi, in particolare fra le comunità sciite. I volontari stanno accorrendo da tutti i paesi per combattere gli odiati nemici.
C’è anche un terzo motivo: l’alleanza Russo-Iraniana, cementatasi nel corso del conflitto in Siria.
L’Iran ha realizzato un grande rinascimento scientifico/tecnologico che lo ha reso autosufficiente in molti settori, militari e civili. Questo ha spinto il duo “americano-israeliano” a ricorrere agli omicidi di scienziati. L’ultimo della serie, quello di Mohsen Fakhrizadeh, ucciso dal Mossad.
Attualmente ci sono pressioni da parte dell’Occidente per far rinegoziare l’accordo sul nucleare e includere anche la questione dei missili. È incredibile che i paesi occidentali permettano a Israele di avere un arsenale nucleare incontrollato e pretendano, nello stesso tempo, dall’Iran, la rinuncia alla sua forza missilistica. L’obiettivo è quello di spogliare l’Iran del suo potere dissuasivo e renderlo una facile preda. Washington e Tel Aviv temono che l’esempio dell’Iran, della Siria e di Hezbollah possa ispirare i paesi insofferenti delle pretese egemoniche americane.