L’offensiva USA in America Latina e i fantasmi del Medio Oriente
In America Latina l’élite di potere di Washington ha ripreso il vecchio vizio di destituire i governi dei paesi Latino americani, non conformi ai propri interessi, mediante golpe militare e guerra civile.
Questa offensiva del gruppo dominante dei neocon statunitensi in America Latina e nei Caraibi tende in realtà a nascondere il fallimento della loro politica in altre regioni del pianeta e la crisi di sistema interna negli States.
Un ulteriore motivo di intervento è dovuto alla necessità di contrastare la politica di espansione di Pechino che si era diretta anche verso i paesi dell’America Latina per realizzare accordi di cooperazione che mettono in secondo piano gli interessi di Washington nella regione. Normale quindi per Washington coordinare un’offensiva di carattere politico, diplomatico e militare contro quei governi che non riesce a controllare, come nel caso della Bolivia, del Venezuela, del Nicaragua, di Cuba e consolidare i propri interessi negli altri paesi per alzare una barriera contro l’intromissione della Cina e della Russia in quell’area.
Questo spiega il golpe avvenuto ultimamente in Bolivia approfittando di una fase di tensioni dovute allo svolgimento delle elezioni in cui settori dell’opposizione contestano la rielezione di Evo Morales, il premier indio da oltre dieci anni alla guida del paese andino. Un paese che detiene notevoli ricchezze minerarie e giacimenti di gas su cui Washington non aveva potuto fino ad ora mettere le mani per ottenere concessioni di sfruttamento, data la politica del governo di Morales che pretendeva di statalizzare le risorse nazionali.
Allo stesso modo procede la politica delle sanzioni contro gli altri paesi non conformi con gli interessi di Washington, in particolare Cuba e Venezuela. Quest’ultimo, dopo tentativi falliti di colpo di stato, è stretto in un vero e proprio assedio economico che ha la finalità di creare condizioni per una rivolta popolare tesa ad un cambio di regime che apra a Washington le enormi risorse petrolifere e minerarie e che negli ultimi tempi ha aperto ai russi e ai cinesi. Ai russi si era rivolto il governo di Caracas per avere assistenza militare ed economica e Mosca ha avuto la possibilità di concessioni petrolifere in cambio. Idem con la Cina che ha erogato grandi prestiti finanziari per avere l’opportunità di inserirsi nel mercato di quel paese.
In questa fase critica che vede il declino della potenza americana, sorge la necessità per Washington di riprendere l’iniziativa e riassicurarsi il controllo di una serie di paesi che stavano sottraendosi al suo dominio. Questo avviene tanto più quando si va delineando il fallimento delle politiche neoliberiste (dettate da Washington).
L’élite di potere USA deve nascondere i fallimenti della sua politica estera e la deriva della influenza americana per effetto degli eventi più immediati verificatisi in Medio Oriente, in Nord Africa e nelle regioni occidentali dell’Asia centrale.
Le invasioni dell’Afghanistan e dell’Iraq, la guerra in Siria e le minacce continue contro l’Iran sono state la manifestazione di questa politica di volontà egemonica che si è risolta in un fiasco.
Nel caso dell’Afghanistan, dopo 18 anni di guerra, gli USA ed i loro alleati della NATO sono tuttora impantanati senza essere riusciti a prendere il controllo del paese, nonostante le perdite subite, 3.564 morti della coalizione e 20.467 feriti, oltre a 841 miliardi di dollari spesi dal 2001 al 2018. Una situazione catastrofica dove oggi si sono inseriti la Russia e l’Iran che hanno stabilito negoziati e un buon rapporto con le autorità di quel paese asiatico per arrivare ad una soluzione del conflitto.
D’altra parte, il lungo intervento degli Stati Uniti non è riuscito a fornire una maggiore sicurezza ai suoi alleati nella regione, Israele per prima che vede, al contrario, un forte aumento delle forze che non tollerano l’egemonia degli Stati Uniti e di Israele nell’area Medio orientale.
A tutto questo si aggiunge il fiasco della partecipazione delle forze armate USA e delle agenzie di intelligence statunitensi in Siria, dove l’obiettivo principale, il rovesciamento del presidente Bashar el-Assad, non è stato raggiunto e con questo Washington ha fallito il suo piano di smembrare il paese e installare un governo filoccidentale.
Tuttavia la Storia non termina ma procede in avanti e assistiamo attualmente ad un cambio di strategia della superpotenza USA. Questo piano prevede la sobillazione di rivolte e guerre civili nei paesi che sono ostili al dominio americano, l’Iraq sciita, il Libano in Medio Oriente e, possibilmente, anche l’Iran.
Protagoniste, come sempre, le agenzie di Intelligence degli Stati Uniti che, da una parte all’altra del mondo stanno promuovendo manifestazioni violente, assalti ad edifici pubblici, aggressioni contro le forze di polizia, agenti provocatori infiltrati fra i manifestanti, al fine di arrivare ad un cambio di regime o, quanto meno, indebolimento dei governi considerati ostili agli interessi degli Stati Uniti.
Si potrà constatare se questo piano avrà successo oppure no ma, in ogni caso, si è aperta una nuova fase di turbolenze e conflitti nella storia che non mancherà di manifestare i suoi effetti. I signori della Guerra e del caos non dormono mai.