Di Manlio Lo Presti
La propaganda ci descrive una Cina ricchissima, potentissima, organizzatissima, lanciatissima in Africa e in molte aree del pianeta alla ricerca ossessiva di materie prime e petrolio in particolare. Si parla pittorescamente di “via della seta” come un paradigma geopolitico, specialmente quando si fa l’elenco dei Paesi che l’hanno abbandonata per ordine imperiale americano, compresa la sottomessa ex-Italia. Sarà veramente così?
Ad esempio, gli Usa hanno interesse a diffondere un simile ritratto aggressivo e imperiale per accrescere il potenziale del pericolo giallo e giustificare eventuali piani di aggressione del gigante non appena se ne avrà l’occasione. L’impero giallo è stato il bersaglio conclamato della presidenza Trump, ma l’amministrazione Biden non ha cambiato rotta. Gli Usa stanno nascondendo dietro una ossessiva russofobia l’obiettivo di demolire la Cina. I confuciani governanti di Pechino lo hanno intuito benissimo. Hanno capito subito di non essere in grado di affrontare da soli gli Usa nonostante le propagandistiche parate militari diffuse in rete. Pechino ha quindi intessuto una alleanza operativa con la Russia. Ciò significa che la Cina ha bisogno della Russia e non il contrario, anche e soprattutto per i flussi di petrolio e per le montagne di metri cubi di gas. Un fabbisogno energetico enorme per mantenere la continuità operativa della macchina produttiva interna, sia pure in presenza di rallentamenti anche vistosi causati da crolli della domanda internazionale.
L’appoggio di Mosca potrebbe inoltre consentire alla Cina di aggredire militarmente Taiwan. L’attuale gruppo dirigente cinese necessita di un successo militare immediatamente spendibile sul fronte interno per neutralizzare i segnali di insoddisfazione in pieno aumento. I motivi sono un rallentamento economico che dura da anni, il crollo del colosso immobiliare Evergrande, lo strano spostamento di peso dalla sala delle grandi adunanze e dei congressi del partito di uno stretto collaboratore del presidente cinese, per non parlare del brutale declassamento di Jack Ma Yun, il plutocrate creatore di AliBaba dieci volte più grande di Amazon. Di altro non si sa nulla, grazie ad un blocco ermetico delle notizie sulle possibili lotte interne e sulla loro politica estera. Sappiamo che il Paese è infestato da milioni di telecamere e che la popolazione è sottoposta al controllo della “vita a punti”. Se le detrazioni di punti per “comportamenti non conformi” portano ad un saldo minimo, i cinesi colpevoli sono sottoposti alle cure di appositi centri di rieducazione coatta. Lo stato di sorveglianza è ampiamente utilizzato per il controllo degli Uiguri, un’etnia turcofona di religione islamica che vive nel nord-ovest della Cina e della Mongolia.
I canali informativi occidentali di stanno sbracciando per tranquillizzare e minimizzare le ripercussioni del disastroso contagio economico del crollo di Evergrande, diffondendo la notizia che il circuito economico cinese è chiuso e con poche interrelazioni con l’Occidente. Si tratta di un’affermazione non credibile, se teniamo conto che gli Usa hanno ripetutamente chiesto sottobanco alla Cina di acquistare quasi l’intera area di Manhattan, comprare titoli azionari di primarie fabbriche per sostenere l’occupazione, ecc. La conferma di questa interrelazione diffusa si è avuta quando la Cina non ha rinnovato acquisti di titoli e ha progressivamente ritirato i fondi nelle banche americane poco prima dell’inizio del conflitto russo-ucraino. Pechino sapeva già tutto con ampio anticipo rispetto ad una Europa narcotizzata da una propaganda martellante e soporifera di matrice angloamericana.
L’Occidente sa pochissimo sulle reali condizioni socioeconomiche dei cinesi che vivono nei territori interni e lontani dalle coste dove sono concentrate poche città ultratecnologiche, sfavillanti, ricche dove si concentra il 30% della popolazione. Le aree interne non hanno certamente i livelli di vita delle città della costa. Lo stacco è profondo, nonostante il grandioso sforzo realizzato per nutrire decentemente l’intera popolazione cinese e diffonde un decente livello di istruzione.
Come avrebbe detto Mao nel 1947 per definire gli avversari della rivoluzione cinese, adesso è lei stessa una “tigre di carta”. La storia gioca brutti scherzi che non sempre si possono evitare. In breve tempo, emergeranno le reali condizioni di questo immenso Paese che sta spendendo gran parte delle risorse, sottratte alla popolazione, per la realizzazione di un massiccio riarmo ed un titanico sistema di controllo cibernetico della popolazione con raffinate tecniche di sorveglianza di massa. Jeremy Bentham si spenderebbe in ampi sorrisi…