La fine annunciata del “Washington Consensus”

 

La fine annunciata del “Washington Consensus”

Vari analisti, anche negli stessi Stati Uniti, hanno rilevato l’ineluttabilità di un nuovo ordine internazionale che dovrà sostituire quello emerso dopo la seconda guerra mondiale.
In particolare gli avvenimenti di questi ultimi anni hanno messo in evidenza la crisi di quello che veniva definito il “Washington Consensus”, concordato negli anni ’80, che è giunto al termine e con esso quel paradigma di sviluppo imposto dalle istituzioni di Bretton Woods, che prevedeva l’adozione di alcune fondamentali riforme: stabilizzazione macroeconomica, liberalizzazione (dei commerci, degli investimenti e finanziaria), privatizzazione e deregolamentazione. Questo schema si richiedeva ai paesi in via di sviluppo per accedere ai finanziamenti del FMI e della Banca Mondiale, mentre nei paesi occidentali tale impostazione aveva sospinto alla delocalizzazione produttiva sulla base dei minori costi ed alla ricerca del profitto, prescindendo dal lavoro e dal sociale.

Anche gli economisti di impronta neoliberista oggi riconoscono che quel sistema oggi si è dimostrato fallimentare, finendo per privilegiare alcuni settori dell’economia, come il settore finanziario, mentre altri settori essenziali, come produzione tecnologica, manifatturiera e le infrastrutture, si sono atrofizzati.

I danni del liberalismo sono ormai troppo evidenti per fingere di non vederli ed il confronto fa le economie occidentali in crisi e quella cinese che, nel giro di due decenni, ha creato ricchezza, decine di milioni di posti di lavoro, capacità tecnologica e sviluppo, è fin troppo stridente.

Accade oggi che il mondo occidentale, guidato dagli Stati Uniti, si sente minacciato dalla crescita esponenziale della Cina, con il paradosso che lo stesso liberalismo economico, tanto esaltato, viene indicato come causa del declino economico e sociale dell’occidente.

Le sciagurate politiche neoliberiste dell’occidente, oltre a produrre incomparabili danni sociali, diseguaglianze inaccettabili, non hanno potuto impedire l’emergere della Cina, che, con un’economia dominata dallo Stato, ha infranto le regole del gioco di mercato, guadagnando rapidamente la sua preminenza sull’industria e sull’economia globale, sviluppando tecnologia autonoma e acquisendo il suo controllo su catene di approvvigionamento di prodotti strategicamente importanti.

Attualmente la Cina è in grado di competere con gli Stati Uniti e di strappare a questi il primato industriale ed economico, tanto da creare una minaccia geostrategica che mette a rischio il dominio globale USA sul mondo.

Per quanto la classe politica statunitense proclami di voler cambiare strategia, di dedicarsi, da adesso in avanti, a dare priorità agli investimenti statali in settori di importanza strategica e di voler integrare la propria economia con quella dei propri alleati più sviluppati, non appare possibile colmare in tempi accettabili il divario produttivo e tecnologico che oggi separa gli Stati Uniti dalla Cina.

La gran parte del mondo rifiuta ormai i dettami e le direttive degli Stati Uniti e piuttosto si associa alla Cina ed alla Russia nei nuovi blocchi economici che si sono formati in questi anni, i BRICS e la SCO (accordo di Shangai).

D’altra parte gli Stati Uniti sono in grave crisi interna, indebitati in forma insostenibile, tanto che la fiducia nel dollaro sta inesorabilmente crollando, il sistema bancario sembra arrivato ad una sorta di tracollo, la crisi adesso investe le banche regionali nei vari states, mentre ne approfittano le mega banche come JP Morgan e City Corp, che acquisiscono le banche fallite per tamponare la crisi, dietro indicazioni della FED, dopo le quattro banche californiane fallite negli ultimi mesi viene il turno di un’altra banca californiana, la Pacific Western Bank e di una dell’Arizona, Western Alliance Bank, che vanno a perdere in borsa tra il 20 e il 25%.

Nel panorama americano sono le concentrazioni finanziarie del Nord Est atlantico, che acquisiscono le produzioni agricole, energetiche ed industriali del resto degli USA, del Canada e del Messico, per mantenere la loro egemonia continentale e si dedicano a saccheggiare le risorse naturali e industriali.

Si prevede che lo stato USA sarà presto in preda di forze che ne sgretoleranno l’unità statale con forti rischi di guerra civile.

Gli Stati Uniti attualmente non sono in grado di controbilanciare l’espansione cinese e frenare la caduta del dollaro. Washington può ricorrere ad un solo sistema per farlo: la guerra. Tuttavia soltanto dei pazzi potrebbero pensare di sfidare assieme Russia e Cina.

Siamo sul filo della catastrofe ma la Storia andrà comunque avanti, che piaccia o no alle elite dominanti.

 

Immagine: https://uwidata.com/

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