La ritirata USA dall’Afghanistan segna la fine del mondo unipolare
La vecchia ossessione degli USA, quella di imporre il suo modello di “democrazia” al resto del mondo e di far accettare a tutti i paesi le sue regole e la sua giurisdizione, è crollata a Kabul il 15 agosto di quest’anno con la ritirata delle truppe americane e la drammatica fuga disordinata degli afgani.
Il mondo ha assistito ad una disfatta del potere americano e i vecchi miti della propaganda USA sono crollati al suolo come una frana, così come i corpi dei poveri afghani che si erano aggrappati agli aerei cargo militari statunitensi che decollavano dall’aeroporto di Kabul.
Questo crollo segna inevitabilmente la fine di quell’ordine unipolare che era stata l’idea fissa degli strateghi di Washington che, alla fine degli anni ’90, prospettavano “il nuovo secolo americano” e che, per realizzare la loro ambizione, avevano fatto partire la stagione delle guerre e del caos mascherate come “guerra al terrore”, dopo l’11 settembre. Il grande inganno si è dissolto davanti alla scena della folla disperata e urlante nell’aeroporto di Kabul.
Lo spettacolo a cui abbiamo tutti assistito è stata la vergognosa e diabolica fine di un’occupazione criminale di due decenni dell’Afghanistan che non ha prodotto altro che distruzioni, lutti e dolore, questo mentre il popolo afghano è stato abbandonato al suo destino.
La pretesa di “portare la democrazia” in Afghanistan era una frode più grande di quanto sostenuto dalla propaganda di Washington e dei suoi vassalli europei.
Avevamo chiaro da tempo che il sistema americano consiste in un capitalismo corporativo che ha le sue basi su un’economia fondata sul militarismo che, a sua volta, dipende dalle guerre di aggressione che fanno maturare giganteschi profitti per l’apparato militare industriale. La guerra è connaturata al sistema statunitense ed il potere politico di Washington si regge sull’oligarchia dell’apparato bellico, industriale e militare, la stessa storia degli Stati Uniti lo dimostra.
Nella logica di Washington non si vede possibilità di un cambiamento, la debacle in Afghanistan – per quanto vergognosa per l’immagine degli USA- non andrà a cambiare questa dinamica.
Si può ricordare anche la famosa “Dottrina Wolfowitz”, che suonava così: ogni pochi anni l’America dovrebbe prendere qualche piccolo paese, il che non è un peccato, e sbatterlo contro il muro. La frase era tutto il programma dei falchi neocon USA, lo stesso destino dell’Afghanistan è toccato all’Iraq, alla Libia, alla Siria, allo Yemen, alla Somalia e tanti altri. Avanti il prossimo…
Per coloro che hanno occhi per vedere, la lezione dell’Afghanistan dimostra in cosa consista realmente la pretesa sbandierata da Washington, in tutti i discorsi pubblici, di quello che la diplomazia USA chiama l’”ordine basato su regole”. Una facile retorica smentita dai fatti che non incanta più nessuno dopo l’ennesima guerra americana destinata a moltiplicare il caos ed il terrorismo, come le precedenti.
La Cina e gli USA sono le due potenze euroasiatiche pronte a occupare gli spazi lasciati vuoti dalla fuga degli americani e questo fa indignare l’alto rappresentante della UE, Josep Borrel, il quale anela ad essere il più fedele vassallo dell’Impero in disfacimento.
La Storia va avanti e non si ferma, lasciando indietro fantocci e comparse che hanno la smania di servire i vecchi padroni per non perdere le loro prebende e privilegi. La spazzatura della storia è abbastanza capiente per accogliere tali personaggi.
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