Scenario geopolitico del mondo post Covid

 

Scenario geopolitico del mondo post Covid

Come in molti avevano previsto, il mondo post Covid non sarà più quello di prima e le conseguenze della crisi pandemica saranno drammatiche sul piano economico. Non sarà tuttavia soltanto lo sconvolgimento economico e sociale quello che segnerà l’epoca che inizia ma anche un cambiamento dello scenario geopolitico.

L’effetto geopolitico più importante e denso di conseguenze sarà la frattura insanabile che si è prodotta nei rapporti fra Stati Uniti e Cina con la conseguente polarizzazione degli equilibri geopolitici fra questi due schieramenti: quello occidentale atlantista, guidato da Washington e quello alternativo che propugna il multilateralismo guidato da Pechino e da Mosca.

La Russia di Putin, che assume il ruolo di ago della bilancia, si è già nettamente schierata con Pechino ed ha costituito con la Cina il più grande blocco contro lo strapotere degli anglosassoni. Si tratta quindi di una fase nuova che vede il declino dell’Impero anglo-USA e l’affermarsi di un blocco alternativo.

Lo scenario che si presenta ha molte somiglianze con l’epoca precedente il primo conflitto mondiale, del 1914, quando l’Impero Britannico alleato con la crescente potenza statunitense, tramava per contrastare la crescita degli Imperi Centrali, costituiti dall’Impero Germanico (Prussia) e dall’Impero Asburgico (Austria/Ungheria). 

Già allora il progetto degli Imperi anglosassoni era quello di disarticolare in prospettiva anche l’Impero Zarista della Russia ed a quello si dedicarono pochi anni dopo i bolscevichi, con la loro rivoluzione.

Il confronto anche allora era quello fra gli Imperi del mare (talassocrazie) e gli Imperi di terra dell’Eurasia. Esattamente quello che si ripropone oggi fra l’Impero talassocratico statunitense e l’Eurasia costituita da Russia e Cina.

Questo spiega perché gli anglo americani fanno di tutto per creare una frattura fra la Russia e la Germania, così come fra la Cina e l’Unione Europea. L’incubo di Washington è il costituirsi di un fronte Eurasiatico che includa la Germania, gli altri paesi Europei, la Russia e la Cina.

L’ultima mossa, mal riuscita, degli strateghi anglosassoni è stata gettare il cadavere del dissidente Navalny fra le gambe della Merkel, in modo da far sorgere un’ondata di indignazione in Europa e far interrompere il gasdotto North Stream 2 fra Russia e Germania, giustificando l’ampliamento delle sanzioni contro la Russia. L’escamotage è riuscito a metà con Navalny che risorge a nuova vita, rendendo meno credibile l’avvelenamento.

Gli strateghi USA sembrano convinti che possano usare la forza finanziaria e commerciale per schiacciare l’ascesa della Cina, contenere la Russia e trasformare l’Europa in vassallaggio. Sembra chiaro che i due blocchi contrapposti, quello atlantista (che include anche Giappone, Australia e Corea del Sud) e quello euroasiatico (che include anche l’Iran) dovranno entrare prima o poi in rotta di collisione.

La strategia del blocco atlantista appare chiara: contenere l’influenza della Russia con vari sistemi:

1) Sabotando il gasdotto North Stream 2; destabilizzando i paesi satelliti della Russia, come la Bielorussia, mediante conflitti locali.

2) Infiltrare e destabilizzare la Cina nelle sue aree sensibili, oltre ad ostacolare la Belton and Road cinese.

Come contorno a questa strategia, gli USA prevedono la stretta sulle sanzioni che dovrebbe creare difficoltà alle due economie concorrenti.

Fondamentale in questo scenario il ruolo dell’Europa.  Una scelta non facile dato che la stessa Germania ha nella Cina il suo primo mercato dell’export che non può essere facilmente sostituito.

In Germania si sono formate due correnti opposte che inclinano rispettivamente verso la stretta dipendenza dal fronte atlantista o piuttosto per l’autonomia dagli USA.

Tale dilemma emerge anche da un’intervista al settimanale Die Zeit, rilasciata dal ministro della Difesa tedesco il quale ha sottolineato che è “giunto il tempo” per discutere “di come la Germania dovrà posizionarsi nel mondo in futuro”. Il ministro ha proseguito dicendo che la Germania “dovrebbe mostrare leadership, non solo come potenza economica”, ma anche nella “difesa collettiva “. “In parole povere, la voce tedesca non è più la voce del pacifismo, conclude l’Ambasciatore”. Sembra evidente che le scelte di Berlino influenzeranno tutta l’Europa.

Il dibattito prosegue e potrebbe prolungarsi ma in Germania forse non tutti hanno compreso che non c’è più tanto tempo per decidere, gli avvenimenti incalzano e le scelte sono ineludibili.

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