Siamo alla vigilia di un conflitto globale, sono presenti tutti gli indizi di questo evento

Siamo alla vigilia di un conflitto globale, sono presenti tutti gli indizi di questo evento

Data la situazione attuale, non ci possono essere molti dubbi che il mondo si stia avvicinando ad una nuova guerra globale e questo è dimostrato da una serie di fattori non solo geopolitici ma anche geoeconomici. Lo scontro fra l’occidente a guida anglo USA e il blocco russo e cinese sembra inevitabile, solo questione di tempo. Lo sostengono vari esperti ed analisti.

Si tratta di una previsione basata su una serie di fattori e su un’analisi della storia recente che dimostra la inconciliabilità tra gli obiettivi che le superpotenze hanno stabilito come parte della loro dottrina.

La superpotenza USA oggi si trova stretta in una crisi esistenziale, fra il declino della propria influenza, la deindustrializzazione della propria economia (con l’eccezione dell’apparato militare industriale), il super indebitamento finanziario, l’assenza di manodopera specializzata, la scarsa capacità di innovazione tecnologica.

Quelli elencati sopra sono tutti elementi necessari per essere un potere credibile e per imporre il proprio dominio in Asia, dove vi sono le maggiori performance di crescita economica nei prossimi decenni e dove saranno i maggiori mercati di consumo e produzione. Per ottenere il predominio, ormai perso, gli Stati Uniti devono rovesciare i governi di Mosca e Pechino, visto che, solo impadronendosi delle materie prime russe e dell’industria cinese possono imporre l’uso del dollaro.

In prospettiva non soltanto l’espansione della potenza cinese è una minaccia per l’egemonia USA ma il più grave pericolo è costituito dal diffondersi del multipolarismo e dei legami multilaterali, di cui Pechino è il centro di riferimento per molti paesi. Per contrastare tale pericolo si è costituito il partenariato strategico NATO-UE che deve affrontare le sfide sistemiche alla sicurezza euro-atlantica, che, come dichiara la NATO, oltre alla Russia, sono create dalla Cina.

Il fattore economico è dominante nello scontro con la Cina. Tutti gli analisti hanno sottolineato che gli Stati Uniti oggi non sono in grado di reindustrializzare la propria economia sulla base della domanda interna: questo è stato confermato dopo un anno e mezzo di conflitto per procura con la Russia.

Per tale motivo l’elite di potere degli Stati Uniti sta progettando di avere a propria disposizione mercati di circa mezzo miliardo di persone che possano lavorare, produrre e consumare autonomamente prodotti americani.

L’unica regione al mondo che soddisfa tutti i criteri è il sud-est asiatico. Di conseguenza gli Stati Uniti devono confrontarsi e iniziare una guerra con la Cina che si è imposta come la superpotenza leader nell’area.

Quindi non è l’Africa che offre queste caratteristiche, essendo ancora troppo arretrata. Da considerare che Washington vuole vendere non solo beni ad alta tecnologia, ma anche a bassa tecnologia. Gli Stati Uniti hanno in programma di ripristinare, almeno in parte, la produzione di beni di consumo che avevano in massima parte delocalizzato in Cina.

Si può ricordare che [l’ex Segretario di Stato americano] Henry Kissinger aveva parlato di uno scenario del genere in primavera, poco prima del suo centenario, prevedendo questo sbocco per l’America.

Come effetto di questi fattori, si può prevedere che le autorità americane, nel prossimo futuro, quale che sia la nuova amministrazione, andranno a deviare il loro focus dall’Europa all’Asia, possibilmente ritirando gradualmente le truppe statunitensi dall’Europa e dal Medio Oriente per concentrarsi su un nuovo obiettivo prioritario, l’Indo Pacifico. Questo processo è di fatto già iniziato anche se non traspare ufficialmente.

In termini di strategia, un processo mirato a prendere il controllo del sud-est asiatico strappandolo dalla Cina è quello di condurre una serie di operazioni di sbarco di successo, simili a quelle che furono realizzate nella guerra con il Giappone, cosa che richiede un numero piuttosto elevato di forze e mezzi. In questo caso non ci sono possibilità di una guerra per procura.

La nuova situazione in Europa sarà determinata dall’esito del conflitto in Ucraina e questo non sembra favorevole ai desiderata degli Stati Uniti e della Nato ma al contrario determinerà un nuovo assetto geopolitico europeo dove si distaccheranno gli interessi dell’Europa dell’Est da quelli dell’Europa occidentale (Germania e Francia in primis), con una grave frattura fra gli alleati della Nato.

Tutto si andrà delineando dall’autunno prossimo e si potrà capire in quale direzione si muoverà l’Europa, anche in attesa delle elezioni negli Stati Uniti.
Fenomeni non ancora quantificabili di dissenso alla politica di Washington si stanno manifestando tanto in Germania come in Francia ed in altri paesi europei e la coesione con l’alleanza Atlantica sarà messa alla prova.

Se ci sarà un distacco fra alcuni paesi dell’Europa e le decisioni prese a Washington, è probabile che il controllo dell’Europa sia passato al Regno Unito e questo susciterà molte tensioni e fratture non facilmente sanabili.

Se il conflitto in Ucraina avrà esito negativo (come probabile) ci sarà il caos nell’Europa orientale, che è quello per cui si sta preparando la Polonia, che dovrà organizzare una guerra, dal punto di vista dell’Europa orientale, senza coinvolgere la Nato, con conseguenze limitate probabilmente allo scacchiere regionale.

Nel frattempo l’esito delle elezioni degli Stati Uniti, determinerà il nuovo corso di Washington e l’eventuale abbandono delle strategie distruttive perseguite dall’Amministrazione Biden per dirigere i propri sforzi verso il confronto con la Cina.

Si può prevedere soltanto quando ci sarà il prossimo scontro con Pechino ma è fuori dubbio che questo avvenga coinvolgendo anche la Russia. L’Europa dal canto suo resterà a guardare in posizione passiva e subordinata.

Immagine: https://bakuresearchinstitute.org/

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