Trump si conferma come la “marionetta” di Israele

 

Trump si conferma come la “marionetta” di Israele

L’Amministrazione del Presidente Donald Trump, si trova da tempo sotto stretto controllo della potente lobby sionista che gestisce di fatto la politica estera degli Stati Uniti ed in particolare quella per l’area del Medio Oriente.

Non è un caso che tutte le decisioni prese da Trump, riguardo a questa regione, siano state sempre in linea con quanto suggerito dal premier israeliano Netanyahu.

Così è stato fin dal primo viaggio all’estero di Trump fatto platealmente in Arabia Saudita, per consacrare quella che molti analisti chiamano ormai la nuova “Santa Alleanza” del trio USA-Israele-Arabia Saudita, per fronteggiare la comune minaccia dell’Iran e dell’asse sciita in via di consolidamento fra Iran-Siria-Libano e da ultimo anche l’Iraq.

Era seguita poi la decisione di spostare l’ambasciata USA da Tel Aviv a Gerusalemme, adeguandosi precisamente ad una esplicita richiesta del governo Israeliano. Poco prima Trump aveva unilateralmente ripudiato l’accordo sul nucleare (JPCOA) sottoscritto da sei paesi con Teheran, oltre a varare una serie di sanzioni pesantissime contro il paese persiano, aderendo alle insistenti richieste di Netanyahu.

Con l’ultima dichiarazione, quella in cui Trump ha affermato “che era giunto il momento di riconoscere che le alture del Golan – occupate nel 1967 e annesse nel 1981 – debbono essere riconosciute come territorio israeliano”, il presidente degli Stati Uniti ha confermato che la sua politica in Medio Oriente  ha mantenuto  una sola costante: allinearsi, qualunque sia l’argomento, sulle posizioni israeliane. Anche se questo significa calpestare ancora una volta il diritto internazionale – Vedi la Risoluzione 242 del Consiglio di Sicurezza che definisce il Golan come un territorio occupato.

Tale dichiarazione fatta da Trump ha la finalità di  dare una grande spinta al suo “amico” Netanyahu in piena campagna elettorale israeliana.

L’iniziativa degli Stati Uniti è un regalo  per l’asse iraniano-siriano e assegna un  duro colpo agli alleati arabi di Washington nella regione.

Con il suo ultimo  proclama a favore di Israele – presumendo che sia un fatto definitivo – Donald Trump  rivolta ogni precedente decisione. La questione Golan era al centro dei negoziati di pace tra Israele e Siria negli anni ’90. La guerra siriana, iniziata nel 2011 e istigata dagli USA, aveva messo fine a questo processo di pace. Risulta che, annunciando la sua disponibilità a riconoscere l’annessione del Golan, Donald Trump seppellisce questo processo di pace e privilegia l’equilibrio del potere,  basato sui rapporti di forza, nel diritto internazionale. È un messaggio inviato all’intera regione e costituisce un precedente a livello internazionale che potrebbe screditare definitivamente la parola americana,

In tal modo il presidente degli Stati Uniti fornisce  credito alla tematica  anti-imperialista dell’Iran, della Siria e di Hezbollah, che possono così  assumere la veste di difensori della causa araba contro le aggressioni degli Stati Uniti e di Israele.

Il regime siriano non ha sbagliato a insistere sul carattere arabo e siriano del Golan. Gli alleati arabi di Washington sono stati costretti a distinguersi da questa decisione e ad avvicinarsi, almeno nel discorso, al regime di Assad. L’Egitto, La Giordania e le monarchie del Golfo hanno ricordato che il Golan era una terra araba e siriana occupata da Israele.

Egitto e Giordania che si stavano muovendo verso la normalizzazione con Israele potrebbero rallentare questo processo.

Questo nuovo approccio potrebbe affossare definitivamente il “piano di pace” dell’amministrazione Trump in Medio Oriente.  Non si capisce quale credibilità possano avere gli USA ad esercitare il ruolo di mediatore quando hanno riconosciuto la legalità di un’annessione territoriale. Trump si pronuncia in tutto a favore di Israele e mira a consolidare la sua alleanza strategica con l’Arabia Saudita e le monarchie del Golfo.  Non è però difficile che, a forza di tirare la corda questa  finisca per rompersi.

L’impressione di molti analisti è quella che Trump si sia sparato da solo un colpo sui piedi.

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