Verso il “Grande Israele”: l’annessione dei territori di Siria e Palestina

 

Verso il “Grande Israele”: l’annessione dei territori di Siria e Palestina

Se non era abbastanza chiaro quale sia lo spirito che muove la dirigenza di Israele ad una politica di segregazione e di pulizia etnica nei confronti della popolazione palestinese, le ultime dichiarazioni dei responsabili del governo di Tel Aviv circa l’ultimo  massacro avvenuto nella striscia di Gaza, fanno chiarezza.

Significativa fra le altre l’affermazione fatta in diretta su RTBF, dall’ambasciatrice di Israele in Belgio, Simona Frankel, la quale  ha dichiarato che “…si rammarica della perdita di ogni vita umana anche se si tratta di terroristi, 55 terroristi che hanno scavalcato la recinzione per cercare di entrare nel territorio israeliano”.

Coloro che sono caduti a Gaza sotto il piombo dei soldati israeliani, oltre 62 vittime in una giornata e 106 nell’arco di pochi giorni dall’inizio della “marcia per il ritorno”, secondo le autorità israeliane sono da considerare tutti “terroristi”, inclusi 15 bambini, vecchi e donne uccisi nella carneficina. 

Una mentalità razzista e suprematista che guida tutte le scelte della dirigenza israeliana che muove le sue azioni in funzione del suo obiettivo primario, il vecchio piano della “Grande Israele”, quella dal Nilo all’Eufrate, un progetto messianico che prevede la ricostruzione del Tempio e l’avvento del nuovo messia per il “popolo eletto”.  A questo piano vanno sacrificate le vite di tutti coloro che si trovano sul loro percorso. I fatti e la storia  recente di Israele lo dimostrano, dalle invasioni  ricorrenti del Libano, della Cisgiordania, alle annessioni dei territori con la guerra del 1967, incluso il Golan siriano, alla sobillazione dei separatismi curdi nel Kurdistan iracheno, alle aggressioni contro la Siria.

Non contenti di aver proceduto alla annessione di fatto di Gerusalemme, di aver perpetrato l’ultimo massacro a Gaza,  gli israeliani muovono la loro lobby negli USA per far riconoscere anche l’annessione formale dei territori acquisiti con il conflitto del 1967. Questo è il caso delle alture del Golan siriano, occupate da Israele e mai restituite al legittimo Governo di Damasco.

Risulta infatti che un membro della Commissione Affari Esteri della Camera degli Stati Uniti, Ron De Santis, ha chiesto a Washington di riconoscere la sovranità israeliana nelle alture del Golan occupate, secondo l’agenzia web di notizie Walla.

Ron DeSantis ha dichiarato di aver presentato la proposta alla Commissione per gli affari Esteri del Congresso, di cui è membro, giovedì.

Dalla guerra del giugno 1967, l’entità sionista ha occupato circa 1.200 chilometri quadrati delle alture del Golan siriano e ha annesso il territorio nel 1981, mentre circa 510 chilometri quadrati rimangono sotto la sovranità siriana. Nel Golan sono presenti importanti sorgenti d’acqua che riforniscono tutta la zona della pianura ed è stata accertata anche la presenza di gas sotterraneo.

Secondo la legge internazionale, l’altopiano è considerato territorio occupato ed è soggetto alla risoluzione 242 del 1967 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, che prevede il ritiro di Israele dal territorio che occupa. La Siria ha richiesto più volte alle Nazioni Unite la restituzione dei propri territori da parte di Israele, senza mai ottenerla.

Il Governo israeliano aveva già manifestato l’intenzione di annettersi il Golan siriano ed aveva proceduto illegalmente ad istallare colonie nella zona, suscitando le proteste degli abitanti siriani da sempre residenti in quei territori. Si comprende che l’annessione dei territori rientra nel vecchio piano della “Grande Israele”.

Tutte le azioni di destabilizzazione dei paesi vicini (in cui è presente la mano di Israele), dal Libano alla Siria all’Iraq, rientrano in questo piano che consentirebbe ad Israele di appropriarsi di altri territori. Naturalmente le autorità israeliane avanzano sempre il pretesto della “sicurezza di Israele“, con cui giustificano le loro azioni di bombardamenti, invasioni ed annessioni.

Quando  si sollevano proteste ed indignazione da parte di altri,  Israele dispone dell’arma segreta: l’eterno vittimismo.

Questo durerà ancora per poco, la sopportazione inizia a esaurirsi anche fra quelli che erano un tempo gli amici di Israele.

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