Verso la fine del liberalismo: il crollo del primato dell’Occidente

 

Verso la fine del liberalismo: il crollo del primato dell’Occidente

Trascorso circa un mese dal discorso fatto dal leader russo Vladimir Putin, in cui aveva preannunciato la fine dell’era del liberalismo, il presidente francese Emmanuel Macron, ha rilasciato una dichiarazione bomba in riconoscimento del fatto che il capitalismo “si è degradato e impazzito”, dichiarando “la fine dell’egemonia occidentale”.   

Desta meraviglia il fatto che sia arrivato a tali conclusioni uno dei massimi esponenti della aristocrazia finanziaria che oggi è il presidente della Francia, uomo della elite globalista, concepito e lanciato dal sionista Jacques Attali.

Cadono i miti gonfiati della società occidentale che pretendeva di ergersi a modello per il resto del mondo. Il nucleo di questa società ha iniziato a rompersi e la periferia ha iniziato a dettare le proprie regole del gioco al cuore del sistema. Gli stessi globalisti come Macron nel 2019 sono costretti a dire:

“… Non si può non ammettere che questo modello si è arrugginito a causa del degrado del sistema stesso di democrazia.  E anche perché il capitalismo stesso è degradato e impazzito, poiché noi stessi generiamo quelle manifestazioni di disuguaglianza, che non siamo quindi in grado di risolvere. “

E’ inevitabile domandarsi: in primo luogo, perché una tale rivelazione si manifesta in questo momento? E cosa accadrà dopo il liberalismo?

In un mondo in cui vivono una elite di super ricchi e una massa di non abbienti, il conflitto tra i due gruppi rimarrà e definirà tutti gli altri conflitti. Ma il principale contrasto nel mondo moderno non è una disputa tra socialismo e capitalismo, ma una disputa tra due versioni subalterne del capitalismo, una delle quali è chiamata “globalismo” e l’altra è “protezionismo”:è attorno a questi due poli che ora avrà luogo un raggruppamento di forze di sostenitori. Sia i sostenitori del globalismo che i sostenitori del protezionismo hanno iniziato a formare i loro eserciti, che includono sia forze di destra che di sinistra.

Dalla parte dei globalisti è rimasta la sinistra mondialista e i liberali di destra, mentre dalla parte dei protezionisti, si sono raggruppati i nazionalisti, i tradizionalisti, i socialisti nazionali e gli ex stalinisti di sinistra.

L’intera lotta è tra sostenitori di un sistema economico di mercato prevalentemente aperto e dominato dal grande capitale finanziario o un sistema prevalentemente chiuso con forti limiti all’ingresso del capitale estero.

La tendenza globale è l’ascesa delle tendenze protezionistiche, che sono una trasformazione qualitativa del capitalismo, che ha esaurito le forme quantitative di espansione dei mercati. I mercati sono esauriti e ora c’è una lotta per il potere nello stato, che deve regolare la transizione verso un capitalismo di alta qualità.

L’Occidente è consapevole della perdita della sua egemonia a causa della sensazione del crollo del suo ordine mondiale come sistema di valori. Non è l’essere che determina la coscienza, ma viceversa – e questo è ora chiaramente visibile. L’Occidente è perplesso, diviso e impantanato tra le varie componenti: dalle teorie LGBT con l’educazione sessuale dei bambini, l’omosessualismo, il relativismo come regola, fino alle norme del commercio e della cooperazione militare dei paesi della NATO.

Un problema separato ma connesso è l’estinzione biologica della popolazione indigena e la sua sostituzione con i migranti.  Un piano voluto dalle elite globaliste.  La confusione dell’Occidente è usata con successo dagli antagonisti dell’Occidente, dalla Russia e dalla Cina, ma finora non è stata così incisiva. Né i russi né i cinesi possono formulare un’alternativa sostanziale al modello liberale dell’Occidente, e il capo della RPC, Xi Jinping, sta ancora cercando di preservare il modello capitalista.

La fine di un’era o di una egemonia dovrebbe essere sostituita da un’altra era, quella del multilaterismo e di una nuova visione etica.

A questo proposito, i globalisti offrono una via d’uscita dall’impasse, anche se senza dettagli: “Il modello da sviluppare non significa affatto la fine del sistema di economia di mercato”. Sembra un concetto misterioso, persino gesuita.  Secondo loro, si tratta di sviluppare un nuovo modello, ma nell’ambito di un sistema di mercato.

Questa è una chiara sottovalutazione dell’attuale crisi. Non è economica e neppure di sistema, è crisi di civiltà. Questa è la fine non solo del neoliberismo moderno, ma dell’intero progetto materialistico lanciato dall’Illuminismo circa 500 anni fa (quando Dio fu sostituito dall’Uomo razionale) e degradato poi nella società dei consumi.

Non sarà possibile uscire da una simile crisi aggiornando facilmente il sistema o modificando il modello economico. 

I principi che si stanno affacciando sono quelli di intendere la libertà non come permissività, ma come opportunità responsabile di scelta, autorealizzazione per il bene della comunità. Non fattibilità economica, ma beneficio sociale e fattibilità morale. Invece dell’arricchimento ad ogni costo – il principio del servizio, la chiamata al lavoro. Invece del parassitismo del denaro facile – un sistema di distribuzione dei benefici sociali sul principio di pari opportunità.  Così si ribaleranno i vecchi miti ideologici del liberismo sfrenato e i guasti che questo ha provocato.

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