Intervista a Vanguardia Nacional

 

Intervista a Vanguardia Nacional

Pubblichiamo una interessantissima intervista al partito colombiano Vanguardia Nacional, a cura di Andrea Virga, nell’ottica di una condivisione di idee e proposte culturali al di fuori dei confini nazionali, uno degli obiettivi che fieramente ci impegniamo a portare a compimento.

Intervista a Vanguardia Nacional

1) Presenta te stesso e la tua organizzazione: come è articolata, da quando esiste e qual è la sua dimensione. Che relazione c’è tra Vanguardia Nacional e il gruppo militante Aurora Colombia?

Vanguardia Nacional CEPC (Centro de Estudios Políticos para la Colombianidad) è un’iniziativa accademica, culturale e politica guidata da un piccolo gruppo di cittadini colombiani che si sono stancati della vecchia politica tradizionale e degli schemi ideologici obsoleti, che ancora opprimono egemonicamente la produzione di nuovo pensiero. Il nostro principale pilastro ideologico è il «nazionalismo integrale», nel quale intendiamo riunire la preoccupazione per il nazionale e il sociale, la sovranità patria e l’integrazione regionale, la difesa identitaria ed ecologica del nostro Paese, e la trasformazione degli attuali modelli di Stato e cittadinanza. Noi ci muoviamo dunque con una direttrice chiara nella mente: la difesa dell’interesse nazionale, vale a dire, tutto quello che concerne la sovranità politica, territoriale, militare; la protezione e lo sviluppo dell’economia nazionale; la difesa sociale dei nostri diritti fondamentali; la trasformazione delle strutture sociali ed economiche del capitalismo verso forme di collettivismo tradizionalista, nazional-sindacalismo, e organicismo nazionale.

Come dimensioni, contiamo per ora soltanto su quattro capi, oltre ai simpatizzanti che partecipano ai nostri eventi, però stiamo preparando l’integrazione di nuovo personale dotato di eccellente formazione accademica e professionale. Stiamo lavorando approssimativamente da circa due anni.

Con Aurora Colombia abbiamo una gradita relazione di mutua collaborazione, di scambio d’idee e di mezzi per diffonderle. Progettiamo di sostenerci fortemente come organizzazioni sorelle con scopi condivisi e complementari.

2) Quali sono le vostre principali radici e ispirazioni ideali, e il vostro paradigma politico?

In primo luogo, il nostro ideario politico sorge dalla storia stessa delle idee politiche in Colombia, comprende individui dai più diversi contorni, tra i quali lo stesso libertador Simón Bolívar, nel quale confluiscono l’impeto di libertà e la vigorosa volontà di comando. Tra gli altri politici colombiani, facciamo riferimento a Miguel Antonio Caro (1845-1909), Rafael Reyes (1849-1921), Rafael Uribe (1859-1914), Silvio Villegas (1902-1972) e i suoi Leopardos Gilberto Alzate Avendaño (1910-1960, Jorge Eliecer Gaitán (1903-1948), tra gli altri. [Storicamente, la politica colombiana si è divisa tra conservatori e liberali. I Presidenti Caro e Reyes, tra fine ‘800 e inizio ‘900, furono esponenti riformisti del Partito Conservatore, come il socialista Uribe nel Partito Liberale. I Leopardos, tra cui Villegas, il cui lascito fu poi ripreso da Alzate, rappresentavano un movimento d’ispirazione fascista, che mirava a rigenerare il conservatorismo colombiano, così come il liberale Gaitán, assassinato prima di essere eletto, si era posto a capo di un movimento social-populista, influenzato dal fascismo italiano. NdR] Grazie a questi uomini eccelsi, egregi nell’intelletto ed eroici nell’azione, la nostra lotta è ispirata e mossa a realizzare gli ideali con i quali cercarono di rendere grande la Colombia.

Un altro gruppo d’idee è formato dai contributi stranieri abbastanza validi. Tra tutte queste è la Quarta Teoria Politica del filosofo russo Aleksandr Dugin, quella che al momento determina gran parte della nostra analisi politica e culturale, e ci offre inoltre l’opportunità di raggiungere nuovi presupposti ideologici, comprendere con maggior chiarezza la storia moderna e la postmodernità, oltre al fatto che la sua chiamata al popolo e all’Essere autentico ci motiva a ritrovare la nostra identità nazionale e a trovare il nostro futuro nelle nostre radici. Un altro autore rilevante e di grande attualità è l’intellettuale francese Alain de Benoist, uomo chiave per la nascita di una “destra” autenticamente intellettuale, coerente e preparata.

Se ci riferiamo all’ambiente culturale europeo della prima metà del XX secolo dobbiamo riconoscere la grande influenza della Falange Española nella sua componente più autentica, vale a dire quella legata al pensiero di José Antonio Primo de Rivera, Ramiro Ledesma e Onésimo Redondo. Nel nazional-sindacalismo abbiamo grandi affluenti incontaminati, ricchi di vigoroso pensiero contemporaneo, tanto eroico quanto spirituale e sociale. Il pensiero della Rivoluzione Conservatrice tedesca è d’importanza capitale nel nostro pensiero e nella nostra proposta politica: parliamo di uomini come Oswald Spengler, Ernst Jünger, Martin Heidegger, Friedrich Nietzsche. Ammettiamo inoltre la grande influenza del pensiero giustizialista di Juan Domingo Perón, del nazionalista messicano José Vasconcelos, del nazionalista peruviano Raúl Haya de la Torre, del socialista peruviano José Carlos Mariategui, del nazionalista brasiliano Eneas Carneiro, e di contemporanei come il politologo argentino peronista Marcelo Gullo, con la sua proposta di un’insubordinazione fondante, e il politologo peruviano Israel Lira, con la sua proposta, ugualmente legata alla Quarta Posizione, chiamata Crisolismo.

Definiamo il nostro paradigma come un nazionalismo integrale, al di là della sinistra e della destra, nel quale si riuniscono il tradizionalismo (costumbrismo) colombiano e un socialismo strettamente patriottico. Il nostro schema di analisi ideologico e politico fa riferimento alla Quarta Posizione (nel nostro caso, naturalmente, colombiana e latinoamericana), vale a dire che rifiutiamo la tecnocrazia capitalista, il razzismo in tutti i suoi aspetti e il materialismo universalista. Proponiamo un nazionalismo protezionista e diretto allo sviluppo, all’unità sociale, al superamento della partitocrazia e alla instaurazione di un nuovo ordine sociale, un nuovo modello di cittadino e un paradigma organicista e archeofuturista dello Stato.

3) L’immagine politica internazionale della Colombia è stata segnata dai conflitti armati tra guerriglia, paramilitari e narcotrafficanti. Come vedete la situazione politica in Colombia, e quali sono le principali sfide che dovete affrontare?

La Colombia attualmente è stata vittima del processo globalizzatore neoliberale, portato avanti dall’oligarchia traditrice ed eterodiretta dai centri egemonici del potere globale. L’apertura neoliberale ha distrutto la nostra industria, la nostra agricoltura, la nostra occupazione; ci ha portato il narcotraffico, la degenerazione culturale e la subordinazione della nostra sovranità. Il nostro Paese si trova gravemente afflitto dal cancro della corruzione, che fomenta la fame, il sottosviluppo e il lavoro nero, tanto quanto il tradimento apolide. Il nostro Paese è sottomesso al potere globale, e principalmente al colonialismo statunitense, benché senza dubbio la minaccia cinese si avvicini all’orizzonte; essa controlla già grandi risorse strategiche nella nostra nazione; questo è inammissibile, ma è l’evidenza più chiara della decomposizione della nostra sovranità e del modello di sviluppo neoliberale. E non dimentichiamo l’altro grande cancro della patria, che è il conflitto armato, che ancora non ha smesso, e apparentemente si è rafforzato in certe regioni del Paese. In queste condizioni, ci avviamo ad essere uno Stato fallito, diretto rapidamente verso il caos e la sottomissione assoluta.

La prima sfida da affrontare è il settarismo politico che divide i nostri cittadini nello schema obsoleto: sinistra e destra. Questa divisione è stata fatale e ha spinto i colombiani a un insensato annientamento reciproco. Chiamiamo i cittadini sia di destra che di centro o di sinistra o apatici affinché si uniscano al nazionalismo colombiano, che non è un fascismo, un comunismo o un neoliberalismo, bensì un progetto che nasce dalle viscere della storia nazionale e della sua gente umile, calpestata da duecento anni di guerra.

La seconda sfida, dopo aver superato l’apatia e il settarismo, è sconfiggere il massimo nemico della Colombia, l’oligarchia nazionale e apolide. Questa ha rappresentato il cancro del nostro Paese, poiché ci ha venduti alla colonizzazione straniera, e la sua corruzione impunita ci ha sottomesso a livelli vergognosi di povertà materiale e spirituale. Utilizziamo qui il classico schema politico di Jorge Eliécer Gaitán, di «Paese politico» e «Paese nazionale». Il primo, l’oligarchia, è il massimo nemico della nazione, ha abbassato la grande politica alla piccola politica dei corrotti e dei cacicchi regionali; l’oligarchia è un nemico vergognoso per la sua fellonia, e disprezzabile (nauseabondo) per la sua infima stupidità. Il secondo è il popolo, naturalmente di tutti i colori, ma oppresso dallo stesso nemico della Patria. Si potrò sconfiggere il «Paese politico» soltanto se il «Paese nazionale» si unisce sotto una stessa bandiera, quella del nazionalismo integrale autenticamente colombiano.

La terza grande sfida che deve affrontare il nazionalismo colombiano è la battaglia per l’indipendenza nazionale autentica e la sovranità popolare. Dobbiamo liberarci rapidamente del neocolonialismo statunitense, del globalismo totalitario e dell’ingerenza straniera in qualsiasi nostra decisione sovrana. Questa è la sfida più importante, però si può risolvere solo se il nostro popolo acquisisce coscienza storica, e pertanto, coscienza nazionale; dato che questa è gravemente segnata dal regionalismo e dal settarismo politico, quando non già dall’apatia e dall’ignoranza. Dobbiamo infiammare lo spirito patriottico, nonché libertario, sovrano e sociale, contro l’oligarchia finanziaria internazionale e il dominio perpetuo anglosassone.

4) Come vedete la situazione dell’America Latina e quali sono le vostre prospettive di integrazione continentale

La situazione dell’America Latina in generale è la stessa che affronta la Colombia in particolare, con l’importante differenza che nel nostro Paese abbiamo un conflitto armato interno, attivo da decenni: il più antico nell’emisfero occidentale. Il nostro continente soffre le piaghe della corruzione, del narcotraffico, del progressismo globalista e dell’ingerenza straniera delle potenze egemoniche. È ugualmente diviso tra destra e sinistra, senza incontrare nuovi schemi di analisi né il vigore sufficiente per stabilire un progetto di portata nazionale e sovrana. Gli analisti internazionali trasmessi nei grandi mezzi di comunicazione globale presumono ormai che il nuovo grado di sviluppo da seguire è la regionalizzazione, l’integrazione continentale. Però chi dirigerà questo processo e chi ne trarrà beneficio? Naturalmente non possiamo permettere un regionalismo diretto dalla governance globale, e chiaramente questo potrà essere il nostro futuro se i popoli non assumono la direzione sovrana degli Stati sconfiggendo le proprie oligarchie corrispondenti. Un ritorno alla centralità dello Stato-nazione non significherà comunque nulla se continuerà ad essere dominato dalla corruzione e dal clientelismo, eliminando la propria responsabilità nei confronti dei diritti fondamentali dei cittadini.

L’integrazione continentale deve perciò essere un processo che inizia dentro gli stessi popoli, come autocoscienza storica e affermazione nazionale. Un’integrazione continentale, vale a dire latinoamericana, sarà sana solo se parte dall’affermazione della sovranità e dell’identità di ogni patria. In caso contrario, sarà solo un passo in più verso la governance globale. La nostra integrazione può essere la più grande e significativa della storia, poiché sarebbe l’unione di popoli fratelli che condividono la stessa origine e con somiglianze identitarie così intense, che non si possono riscontrare in altri continenti. La nostra unità continentale sarà grande solo se parte dall’affermazione del nostro crisolismo indo-ispanico e afroamericano, come possibilità di una Patria Grande avviata a un nuovo tipo di civiltà. Questo avverrà, tuttavia, se ritroviamo il nostro Essere esistenziale come grande popolo e novità storica, e non consegnandoci alla dissoluzione universalista della globalizzazione. Necessitiamo perciò della nascita di un uomo nuovo latinoamericano, allo stesso tempo rivoluzionario e tradizionalista.

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